Nel ricordo anche dei giusti

Nel giorno della memoria si celebra il ricordo delle sei milioni di vittime dell'Olocausto. Insieme vogliamo ricordare anche coloro che gli ebrei, li hanno aiutati: da Antonio Muñoz a quei giusti raccontati da M. Gilbert, in un libro edito da Città Nuova.
Jerusalem-vashem

Ci sono volti di uomini che non conosceremo mai, perché appartengono al passato. Spesso con loro vengono spazzate via anche le loro storie. Il giorno della memoria, però, è necessariamente questo: il ricordo.

 

L’olocausto. Quelle vittime fecero gridare al generale Eisenhower la necessità di non dimenticare l’orrore che aveva visto. Li aveva incontrati, quegli uomini e quelle donne rinchiusi nei campi di concentramento, e ordinò che i tedeschi delle vicine città visitassero e seppellissero quei corpi martoriati.

 

I giusti. Gli uomini e le donne che aiutarono tanti ebrei a salvarsi. Sir Martin Gilbert, il grande biografo ufficiale di Churchill e tra i più eminenti storici britannici, ci narra le storie di questi uomini, in ebraico i “giusti tra le nazioni”. Un concetto caro nella tradizione giudaica. Le nazioni in origine, stavano ad indicare le tribù non israelite dei tempi biblici. In un’Europa dominata dalla mano nazista, i giusti hanno: «testimoniato la sopravvivenza dei valori umani e il coraggio di coloro che salvarono la vita umana piuttosto che permettere che essa fosse distrutta» per dirla con le parole dello studioso inglese. Un libro che narra di vite salvate dai Balcani alla Galizia, dalla Polonia all’Italia.

 

I giusti. Vicende di uomini che hanno aiutato altri uomini, tutt’oggi emergono a distanza di anni dalla Seconda guerra mondiale in vari modi. Storie perse e a volte recuperate dalle testimonianze orali e dai documenti. Imbattersi in una di queste storie, come è accaduto a me, mentre si sta studiando un personaggio scomodo, di quelli non riabilitati dalla storiografia, cancellati perché appartenenti allo scomodo periodo fascista in cui hanno rivestito importanti cariche e ricevuto onorificenze; anche questo è il ricordo. Antonio Muñoz è stato uno delle maggiori personalità culturali del ventennio fascista: noto storico dell’arte e uno dei primi in Italia a studiare l’arte barocca. Rivestì prima il ruolo di soprintendente del Lazio e poi quello di direttore della X Ripartizione delle Antichità e belle arti presso il governatorato di Roma. Fu fautore, con Marcello Piacentini, dell’attuazione del Piano regolatore di Roma, dell’attuale sistemazione dei Fori Imperiali e dell’apertura della spiana di Borgo a S. Pietro. Di lui si conosce questo e molto altro ancora, ma non ciò che fece per gli ebrei. Una storia che non emerge dai libri, perché non è mai stata raccontata ancora.

 

Fu una giornata particolarmente cruenta a Roma, quella del 16 ottobre 1943. Le SS procedevano alla razzia degli ebrei da mandare ai campi di concentramento. Dario Levi, caposervizio alla X Ripartizione del governatorato, racconta in una lettera, che Antonio Muñoz quel giorno cercò in lungo e in largo il suo amico e la sua famiglia per offrire loro un alloggio temporaneo presso di lui. Ma il signor Dario era già scappato. Muñoz riuscì a rintracciarlo e, accertatosi che stesse al sicuro, aiutò lui e la sua famiglia economicamente. La testimonianza termina con le parole: «altri cittadini, anche stranieri, di religione ebraica vennero aiutati in molteplici forme da lui».

Sempre a Roma, quello stesso giorno l’archeologo tedesco Ludwig Pollak, famoso mercante bibliofilo passato alla storia per aver scoperto nel 1905 un frammento del braccio del Laocoonte, e la sua famiglia venivano catturati dai tedeschi. Muñoz era suo amico, avevano lavorato insieme quando erano giovani alla realizzazione di un catalogo sulla collezione di opere d’arte del conte Stroganoff. Solo la cognata riuscì a sfuggire alla cattura. E’ lei stessa a narrare la vicenda attraverso una lettera. Muñoz appena apprese la notizia, la portò in luogo sicuro: «mettendo in salvo con suo rischio, durante le ore notturne gli oggetti d’arte e preziosi autografi goethiani di mio cognato». Pollak non tornerà mai più dai campi di sterminio, morì durante la deportazione nell’ottobre dello stesso anno. Frammenti che ricompongono stralci di vita, episodi sì ma dal valore immane. Come la memoria.

«Chi salva una vita, salva il mondo intero», recita una tradizione ebraica. Forse è anche così che l’umanità ricorda.

 

Per visualizzare il testo di Martin Gilbert, “I giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto”, clicca qui.

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