Nel Mediterraneo si fa la storia
Mi ha fatto sorridere stamani leggere della tournée iniziata ieri a Bari dal redivivo Vasco Rossi, che se n’è uscito con un’affermazione un po’ stonata, credo frutto di senescenza più che di raziocinio: «Qui si fa la storia», stuzzicato forse da uno striscione che lo inneggiava come “re d’Italia”. Mi ha fatto sorridere perché questo weekend ha visto alcuni episodi che realmente stanno facendo la storia.
In primo luogo, l’inattesa sconfitta elettorale del “nuovo Califfo”, il presidente turco Erdogan, che voleva raggiungere una maggioranza parlamentare tale da poter cambiare la costituzione turca in senso presidenzialista e che invece s’è ritrovato con una rappresentanza parlamentare del suo partito, l’Akp, ridotta al 40,8 per cento (259 seggi), con i repubblicani che raggiungono il 25,1 per cento e 131 deputati, i “lupi grigi” che si fermano al 16,4 per cento e a 82 deputati, mentre irrompe sulla scena politica la sorpresa “curda” di Selahattin Demirtas che con il 12,9 per cento (lo sbarramento era al 10 per cento) ottiene pure lui 82 deputati. Uno tsunami di grande portata per gli equilibri della regione e dell’intero Mediterraneo, viste le mire espansioniste del presidente turco e le sue ambigue posizioni nei confronti dell’Isis e della questione siriana.
C’è poi stata la visita di papa Francesco a Sarajevo, luogo simbolo della tragedia balcanica, scelta fatta personalmente dal papa dopo la prima visita nella regione dedicata all’Albania. Il papa ha pronunciato parole impegnative per la comunità cattolica, per quella cristiana, per quella dei credenti tutti e, anche e soprattutto, per quella politica. Ha riproposto la sua visione, già avanzata nel settembre scorso a Redipuglia, di una “terza guerra mondiale” latente, che si combatte a pezzi. Ed ha invitato le coscienze personali e collettive ad un sussulto: «Non è sufficiente parlare di pace – ha detto nell’aereo, di ritorno in Vaticano –: si deve fare la pace! E chi parla soltanto di pace e non fa la pace è in contraddizione; e chi parla di pace e favorisce la guerra – per esempio con la vendita delle armi – è un ipocrita». Papale papale. Parole che hanno fatto eco a quanto detto nell’incontro ecumenico e interreligioso: «Questa città, che nel recente passato è tristemente diventata un simbolo della guerra e delle sue distruzioni, questa Gerusalemme d’Europa, oggi, con la sua varietà di popoli, culture e religioni, può diventare nuovamente segno di unità, luogo in cui la diversità non rappresenti una minaccia, ma una ricchezza e un’opportunità per crescere insieme. In un mondo purtroppo ancora lacerato da conflitti, questa terra può diventare un messaggio: attestare che è possibile vivere uno accanto all’altro, nella diversità ma nella comune umanità, costruendo insieme un futuro di pace e di fratellanza. Si può vivere facendo la pace!».
Continua poi l’esodo dalla Libia verso le coste italiane di migliaia di africani e mediorientali in fuga dalla guerra o dalla miseria. Solo nella giornata di sabato sono state salvate circa 3500 persone e almeno 1500 nella giornata di domenica. Mentre crescono i timori che dalla Libia nei prossimi mesi possano arrivare centinaia di migliaia di profughi: ormai il solo fattore che frena le partenze è la penuria di barconi, visto che i soccorritori ormai si sono fatti più scaltri e affondano immediatamente gli scafi dei migranti. Alle operazioni di soccorso hanno partecipato anche delle unità britanniche e irlandesi…
Allora, la storia la si fa a Bari oppure ad Ankara, Sarajevo e nel Canale di Sicilia?