Nei Nebrodi c’è un posto a tavola in più
Salvino ci accompagna all’interno del Centro di Assistenza Straordinaria (CAS), situato all’interno dell’Hotel Canguro del comune di Sinagra. Dall’altro lato della strada si trova il Comune limitrofo, Castell’Umberto, noto alla cronaca per la recente rivolta guidata dal sindaco nei confronti dell’assegnazione dei rifugiati presso la struttura alberghiera.
Ci accolgono i volti sorridenti degli ospiti, 25 giovani rifugiati provenienti dal Gambia, Ghana, Niger, Nigeria, Togo e Costa d’Avorio. Le loro storie le possiamo solo immaginare ma la realtà supera la fantasia. Qualcuno ci racconta del “viaggio” intrapreso per arrivare fino alla costa libica, una fuga dalla guerra provocata dall’Isis, dalla guerra civile, dalla scoperta di giacimenti di petrolio e miniere aurifere nel suo Paese che ha provocato l’arrivo di mercenari al servizio di multinazionali. Guerre purtroppo dimenticate, prima causa dell’impoverimento di queste popolazioni. “O scappi e vivi, o muori”, ci racconta un rifugiato.
Per reagire allo stato di paura e di intolleranza da parte di alcuni abitanti del piccolo comune per l’arrivo dei rifugiati, per creare un clima di accoglienza e di fraternità nei confronti dei giovani ospiti, Salvino Franchina, insieme a un gruppo di altri volontari provenienti da varie associazioni, ha così promosso un’assemblea cittadina, molto partecipata, che ha messo le basi sulle quali poter chiarire “il punto di vista” di queste persone che rischiano la vita per sfuggire alle guerre e alla povertà.
È stato così creato il comitato “Castell’Umberto senza frontiere” e, di seguito, promosse delle attività concrete rivolte all’accoglienza che vedono la partecipazione di adulti, giovani e famiglie provenienti da alcuni comuni dei Nebrodi: lezioni di italiano, che a settembre verranno estese anche a persone di altra nazionalità residenti nel Comune; laboratori di pittura e corsi di programmazione informatica aperti anche ai giovani del paese.
Una domenica di agosto sarà dedicata al progetto “Aggiungi un posto a tavola”: alcune famiglie ospiteranno per il pranzo i giovani rifugiati, per ribadire che l’integrazione è costituita da gesti concreti.
La “paura dell’altro” è stata affrontata e superata grazie alle energie messe in campo per costruire rapporti, per edificare la pace iniziando dagli ultimi, da chi lotta quotidianamente per la sopravvivenza.