Nei cassetti della memoria di Hannah Arendt

Negli appuntamenti della settimana “La banalità dell’amore” di Savyon Liebrecht; “Lunga giornata verso la notte” di Eugene O'Neill; “Le prénom (Cena tra amici)”, di Delaporte e De La Patellière; “Potente e Fragile” di Ascanio Celestini e Giuliana Musso; e la danza di Virgilio Sieni e di Monica Casadei

La banalità dell’amore

Protagonista è Hannah Arendt, tra le più importanti figure del ‘900 europeo, nata in Germania e costretta ad emigrare a causa delle leggi razziali prima in Francia e poi negli Stati Uniti. Nel suo appartamento di New York,  riceve la visita di un giovane che le chiede un’intervista televisiva, presentandosi come un ricercatore dell’archivio della Shoah dell’Università di Gerusalemme. L’intervista le viene chiesta per darle la possibilità di chiarire molte delle sue opinioni in merito al processo Eichmann, ma, contro la sua volontà, le farà aprire molti cassetti della memoria, soprattutto quelli delle tappe del suo innamoramento per Martin Heidegger, importante filosofo del ‘900 dichiaratamente Nazionalsocialista. Ma anche altre vite e altri personaggi popolano la vicenda: il giovane ricercatore svelerà una identità diversa da quella con cui si è presentato, scoprendo altri legami che lo avvicinano alla Arendt. Sapientemente costruito su più piani temporali, il testo abbina lo svolgersi di un plot quasi giallo a riflessioni ulceranti sull’amore.

“La banalità dell’amore”, di Savyon Liebrecht, regia Piero Maccarinelli, con Anita Bartolucci, Claudio Di Palma, Giacinto Palmarini, Federica Sandrini. Produzione Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale. A Napoli, Teatro Mercadante, dal 28/2 all’11/3.

Lunga giornata verso la notte

È la più autobiografica delle opere del Premio Pulitzer Eugene O’Neill (scritta nel 1942, ma apparsa sulle scene solo nel 1956). Terza puntata dell’intensa “trilogia americana” firmata dal regista Arturo Cirillo, che ne è anche interprete nel ruolo del capofamiglia James Tyrone (vecchio attore di teatro), assieme a Milvia Marigliano (la madre Mary), Rosario Lisma e Riccardo Buffonini (rispettivamente i figli, Jamie e Edmund). Cirillo torna a confrontarsi con un altro grande protagonista della drammaturgia statunitense del Novecento, mettendo ancora una volta al centro il tema della crisi esistenziale della famiglia. Ambientato nella casa dei Tyrone in Connecticut nell’agosto 1912, il dramma si svolge nell’arco di una sola giornata e affronta molti temi, dipendenza, nostalgia, disperazione e sensi di colpa.

“Lunga giornata verso la notte”, di Eugene O’ Neill, regia Arturo Cirillo, con Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Rosario Lisma, Riccardo Buffonini, scene Dario Gessati, costumi Tommaso Lagattolla, luci Mario Loprevite. Produzione Tieffe Teatro Milano. A Pistoia, Teatro Manzoni ospita, dal 2 al 4/3.In tournèe a Taranto, Teatro Orfeo, il 6 e 7; a Bisceglie, Teatro Garibaldi, il 9; a Trieste, Teatro Rossetti, dal 14 al 18; a Padova,  Teatro Verdi, dal 21 al 25/3.

Cena con sorpresa

Quarantenni a confronto tra colpi di scena, battute comiche, amicizia, rancori e legami profondi. Serata conviviale a casa di due professori (liceo lei, università lui) dichiaratamente di sinistra. Tra parenti e amici inizia un gioco di provocazione e di verità che si allarga sino a diventare il ritratto di una generazione: tra piccole meschinità e grandi sentimenti. Quella sera, il fratello comunica che diventerà padre. Felicitazioni, baci e abbracci. Lo sconcerto nasce quando il futuro papà, il quale non ha dubbi che sarà maschio, comunica il nome che hanno deciso di mettere al figlio. Un nome che evoca imbarazzanti memorie storiche. Il dubbio è che si tratti di uno scherzo, ma la discussione degenera ben presto investendo valori e scelte personali. Tra offese reciproche che non mancano di ferire tutti, nasce così il ritratto di una generazione allo sbando, dove tutti hanno qualche segreto da nascondere o da rinfacciarsi. Rappresentato a Parigi nel 2010, ha ottenuto sei nomination ai Prix Molière dell’anno successivo. Dal testo, adattato per il grande schermo dai due autori, sono stati tratti due film: Cena tra amici (2012) e Il nome del figlio (2015).

“Le prénom (Cena tra amici)”, di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière, con Alessia Giuliani, Alberto Giusta, Davide Lorino, Aldo Ottobrino, Gisella Szaniszlò, regia Antonio Zavatteri, scene e costumi Laura Benzi, luci Sandro Sussi, versione italiana Fausto Paravidino. Produzione Teatro Stabile di Genova. A Roma, Teatro Ambra Jovinelli, dall’1 all’11/3.

Storie da ricostruire

Lo spettacolo Potente e Fragile appositamente concepito per il Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma (il 3 e 4 marzo) da Ascanio Celestini eGiuliana Musso, è un intreccio di memorie che si sforzano di raccontare la Storia. I due interpreti mettono in luce storie che zoppicano, tentativi di ricostruire le Verità. Un lavoro in corso, uno studio, un’improvvisazione, un incontro, uno spettacolo sbagliato. “Quello che ricordo io, che ricordo ancora adesso di Giuseppe, perché per me non è mai morto, è ancora vivo, io lo vedo in tutti gli angoli della mia casa, della mia vita, della mia presenza”. Sono le parole di Lucia, la sorella di Giuseppe Uva, morto dopo una notte passata in questura. “Le sue medaglie non le tengo più fuori, tanto non mi interessano. Mio nonno aveva preso anche lui delle medaglie, con la firma di… non il Duce, quell’altro… come si chiama quell’altra persona importante?” Sono parole della madre di un militare italiano morto in Afghanistan. Rimettere in fila le parole è un lavoro semplice. Basta registrare e trascrivere. Ma le parole di chi cerca di ricostruire la vita di qualcun altro sono pietre sbilenche che stanno in piedi a fatica. Scricchiolano. Dondolano.

La marionetta Petruška riletta da Virgilio Sieni

Il coreografo fiorentino rilegge il capolavoro di Stravinskij ispirato alla marionetta del teatro popolare russo Petruška – “l’eterno infelice eroe di tutte le fiere, di tutti i paesi” secondo lo stesso Stravinskij – ambientato a San Pietroburgo nel 1830 durante il Carnevale. Sieni parte dal mito di Petruška e dalla relazione tra marionetta e tragedia discostandosi però dalla visione canonica con i tre personaggi perché Petruška ha più anime che prendono vita sul palco e gli interpreti subiscono una sorta di “moltiplicazione” sulla scena. Ambienta la danza in una dimensione “sospesa” e “leggera”, dove interno ed esterno si confondono e sono separati solo da un velo trasparente. Petruška diventa una metafora dell’origine dell’uomo e annuncia il fatto che siamo solo di passaggio. Petruška è anticipato e introdotto dal brano Chukrum, composto da Giacinto Scelsi nel 1963 con l’ambizione di porre al centro del linguaggio musicale il suono, considerato come elemento singolo. Quattro quadri che introducono un altro punto di vista del fantoccio Petruška e delle sue vicende “umane”: uno sguardo sulla natura dell’uomo, dove il lato oscuro è l’essenza del corpo nel suo mostrarsi orfano di orpelli.

Petruška coreografia e spazio Virgilio Sieni, musica Igor Stravinskij, Giacinto Scelsi, costumi Elena Bianchini, luci Mattia Bagnoli. Produzione Teatro Comunale di Bologna. A Firenze, Cango, dal 27/2 all’11/3.

Il barbiere di Siviglia in danza

In occasione dei 150 anni dalla morte di Gioacchino Rossini, Monica Casadei con la compagnia Artemis Danza affronta uno dei titoli più celebri del maestro pesarese, con un’interpretazione coreografica per quattordici danzatori. Coinvolta tutta la fucina creativa di Artemis, composta anche dagli artisti visivi, dai compositori e dai musicisti che hanno dato forma a un progetto articolato e ambizioso: portare Figaro nel tempo presente, gettando il protagonista della trama rossiniana in una sfida multitasking e infinita, che gioca sulla molteplicità e sulla competizione. Nella lettura di Monica Casadei Figaro è il prototipo dell’uomo di successo nel mondo di oggi, emblema di chi riesce a soddisfare con efficacia, vivacità e savoir faire le aspettative di una società che impone ogni giorno di raggiungere i propri obiettivi ottimizzando tempi ed energie.

“Il Barbiere di Siviglia”, coreografia, scene, luci Monica Casadei, musiche Gioacchino Rossini, musiche originali / elaborazioni musicali Luca Vianini, costumi Daniela Usai con la partecipazione di Giuliano del Sorbo. Produzione Compagnia Artemis Danza in collaborazione con AMAT e Comune di Pesaro, coproduzione Italian Festival in Bangkok, Festival Orizzonti, Armonie d’Arte Festival, in collaborazione con Rossini Opera Festival, Teatro Comunale di Bologna. A Pesaro, Teatro Rossini, il 3/3, all’interno della Settimana rossiniana.

 

 

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