Negoziatori di pace africani a Mosca e Kiev
Molti osservatori internazionali hanno sottolineato il fatto che tre delle nazioni africane coinvolte – Egitto, Uganda e Sudafrica – sono strettamente legate alla Russia: Il Cairo e Kampala attraverso l’acquisto di materiale militare da Mosca, e Pretoria attraverso il gruppo di nazioni Brics e le esercitazioni navali congiunte. I 6 leader africani che si recheranno a Mosca e Kiev sostengono però che la loro neutralità nella guerra potrebbe favorire i colloqui, anche se ci sono ben poche possibilità che il Cremlino si ritiri, come richiesto dall’Ucraina.
L’annuncio della missione a Mosca e Kiev è arrivato 24 ore dopo che Ramaphosa aveva dichiarato che il Sudafrica ha subito “pressioni straordinarie” per schierarsi nel conflitto, pressioni seguite alle accuse degli Stati Uniti che il Sudafrica avrebbe fornito armi a Mosca.
Questa notizia ha suscitato un acceso dibattito; dopo oltre un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’opinione sulla guerra tra i Paesi africani non sembra essersi spostata di molto. Molti Paesi africani si sono rifiutati di schierarsi nel conflitto europeo e molti si sono astenuti dal votare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per condannare l’invasione russa. «Non crediamo nell’essere nemici del nemico di qualcuno», aveva dichiarato il presidente ugandese Yoweri Museveni a luglio dello scorso anno. «Non vogliamo essere allineati su questo conflitto, ma vogliamo chiaramente la pace», aveva aggiunto il presidente del Senegal, Macky Sall, allora presidente dell’Unione Africana.
La scorsa settimana, nella sua newsletter settimanale pubblica, Cyril Ramaphosa ha dichiarato che «il Sudafrica non farà parte di una gara di potere globale tra Stati Uniti e Russia».
Nonostante l’aumento dell’impegno e le visite di alti funzionari dei Paesi occidentali e dei ministri degli Esteri ucraino e russo nell’ultimo anno, la posizione del Sudafrica non è cambiata.
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba è impegnato dal 23 maggio in un tour africano iniziato in Etiopia con visite in Marocco e Ruanda. In Etiopia ha avuto colloqui con il primo ministro etiope Abiy Ahmed, con il presidente della Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki Mahamat e con Azali Assoumani, presidente delle Comore e attuale presidente dell’Unione Africana. Kuleba esorta i Paesi africani ad abbandonare le loro posizioni di neutralità nei confronti della guerra del suo Paese con la Russia. «La neutralità non è la risposta», ha dichiarato Kuleba ai giornalisti. «Dobbiamo ricordarci l’un l’altro l’importanza dell’Africa per l’Ucraina e l’importanza dell’Ucraina per l’Africa», ed ha anche ammesso che il precedente atteggiamento dell’Ucraina nei confronti del continente era caratterizzato da “inerzia”.
Al di fuori del conflitto ucraino, la Russia si è fatta strada in modo massiccio in alcuni Paesi dell’Africa, tra cui il Sudan, la Repubblica Centrafricana e il Mali, dove il gruppo Wagner, l’organizzazione di mercenari legata a Mosca, è coinvolto nei combattimenti, mentre alcune forze militari occidentali, come l’esercito francese nel Sahel, hanno deciso di andarsene.
Alcuni studiosi stanno sfogliano le pagine storiche del recente passato; la Russia ha legami storici con il continente che risalgono all’Unione Sovietica, che ha sostenuto molti movimenti pro-indipendenza in Africa in un periodo di predominio politico occidentale. «La lealtà verso la Russia, basata sul suo sostegno, come Unione Sovietica, durante la lotta per l’indipendenza, è stata forte», ha osservato Stephen Chan, docente (Soas) all’Università di Londra.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, questi legami sono continuati con la Russia e molti leader africani hanno riconosciuto che le forniture di armi e l’addestramento militare russo sono stati fondamentali per aiutare la lotta contro il dominio della minoranza bianca e il colonialismo. Durante l’apartheid in Sudafrica, per esempio – mentre i sovietici hanno offerto finanziamenti e addestramento paramilitare al movimento di liberazione che, dopo il 1994, è diventato l’African National Congress (Anc) – il governo statunitense aveva definito l’Anc un gruppo terrorista. Anche i suoi leader, tra cui Nelson Mandela, furono classificati come terroristi.
Nonostante abbia vinto il Premio Nobel per la pace nel 1993, insieme all’ultimo leader dell’apartheid Frederik de Klerk, e sia diventato il primo presidente nero del Paese dal 1994 al 1999, Mandela è rimasto nella lista statunitense di controllo del terrorismo fino alla sua revisione nel 2008.
Il Segreatario di Stato Usa, Blinken, ha recentemente affermato in un’intervista a The Atlantic: «Naturalmente, sfortunatamente, più che sfortunatamente, gli Stati Uniti sono stati fin troppo comprensivi nei confronti del regime dell’apartheid, quindi anche questa storia non si cancella da un giorno all’altro».