Negoziare con l’Iran per evitare una spirale di guerra
Venti di guerra sulla Persia? Le dichiarazioni del Ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner, sulla eventualità di una guerra per porre fine al programma nucleare iraniano sono la spia di una tensione crescente nella comunità internazionale. Intendiamoci, Kouchner non è affatto un guerrafondaio e non figura certo tra i sostenitori delle tesi dei falchi (soprattutto americani, ma non solo) che vedrebbero in un intervento chirurgico contro le installazioni nucleari iraniana l’unica via per fermare Teheran sulla strada della bomba atomica. Il modello sarebbe quello del bombardamento israeliano del reattore nucleare iracheno di Osirak, nel 1981.Ma le due situazioni sono assai diverse. Il programma nucleare iraniano si svolge in molteplici località, alcune a cielo aperto presso centri abitati, e soprattutto nessuno può pensare che il regime degli ayatollah se ne starebbe con le mani in mano a meditare accanto alle macerie fumanti delle centrifughe nucleari. È il caso di dirlo, non scherziamo con il fuoco. Il buon Tucidide, 2.500 anni fa, scriveva, a proposito della guerra del Peloponneso tra Sparta ed Atene, che solo quanti non conoscono la guerra si apprestano ad affrontarla con entusiasmo. Il problema è un altro, e cioè come far capire agli iraniani che la corsa verso l’arma atomica, lungi dall’essere un fattore di forza per loro, costituisce in realtà un elemento di maggior insicurezza per tutti. Come non ipotizzare, ad esempio, una bomba egizio-saudita o arabo-sunnita come risposta alla bomba sciito-persiana? È evidente che si innescherebbe una pericolosa nuclearizzazione di tutto il Medio Oriente. Non credo che da questa situazione gli iraniani ci guadagnerebbero qualcosa. Al punto in cui siamo, converrebbe forse fermare gli orologi: gli iraniani, congelando l’arricchimento dell’uranio (una delle fasi essenziali per arrivare alla bomba) e la comunità internazionale fermando la macchina (inefficace) delle sanzioni Onu contro Teheran. La soluzione sta in un metodo semplice ed antico: sedersi attorno ad un tavolo e parlare di tutto. Non c’è solo la bomba, infatti: c’è l’appoggio di Teheran ad Hamas a Gaza e ad Hezbollah in Libano, ci sono le interferenze (per usare un eufemismo) iraniane in Iraq e in Afghanistan. L’Iran si comporta come una potenza regionale inquieta e movimentista. Si tratta di dare assicurazioni di stabilità per tutti, Iran compreso. Insomma, un progetto di pace a livello regionale, in cui nessuno si senta minacciato, a cominciare proprio da Israele da una parte e dall’Iran dall’altra. Spesso la soluzione diplomatica è la più semplice, e stranamente sempre la più difficile da realizzare.