I negozi sono un bene pubblico, anche al tempo di internet

I negozi e la vita del quartiere e della città. La vendita on line è ormai diffusa e tende a crescere ma il locale commerciale reale produce un valore pubblico che merita di essere riconosciuto e premiato
Negozi Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Comprare via internet o nei negozi? Da una recente indagine sulle abitudini di acquisto presentata da Daniele Marini su Il Sole 24 Ore del 10 dicembre emerge che la quasi totalità degli intervistati vorrebbe poter comprare sia in presenza che via internet. Ciò vale anche per i più affezionati compratori via web. Vi sembra strano? Alla giornalista incaricata per questa settimana della rassegna stampa di Radio 3 la cosa è parsa decisamente contraddittoria. E a voi? Pensiamoci un attimo.

Cosa ci dà un negozio? “Ovvio! I beni che vogliamo comprare” – viene da rispondere. Ma c’è dell’altro, che interessa anche un compratore via internet. Fa qualche differenza per voi che in strada ci siano o no dei negozi, anche se non ne siete clienti? Beh la lista è lunga. Riempiono la città, ne illuminano le strade, creano un’atmosfera più accogliente, mettono a disposizione qualcosa da guardare quando si passeggia.

Poi se magari è già buio e vi trovate a camminare da soli (o da sole) un po’ timorosi la presenza di un presidio di presenza umana affacciata sul marciapiede non guasta affatto, come pure se avete bisogno di un’indicazione.

Oppure ancora, se capita di cadere male sotto la pioggia e fino all’arrivo dell’ambulanza sarebbe preferibile poter entrare da una porta aperta in uno spazio vissuto, asciutto e riscaldato.

Questi, forniti dai negozi, sono veri e propri beni ad uso pubblico. La lista non è finita: la presenza di pubblici esercizi permette a chi vive in quella zona di incontrare ripetutamente altre persone, gli altri clienti e i negozianti, che pure ci vivono o ci lavorano.

Ciò ha delle conseguenze tanto più importanti quanto più serio è il problema dell’isolamento sociale e della solitudine che affligge le nostre città. C’è poi anche un altro servizio accessorio: un negozio vicino a dove viviamo ci fornisce, con la sua stessa esistenza, una “opzione”: quella di acquistare anche all’ultimo momento qualche uovo per fare la maionese agli ospiti in arrivo o un cappello di lana se oggi tira vento e ho perso quello che usavo sempre; o anche perché il mio computer si è bloccato o non ne posso più di stare davanti allo schermo.

Il negozio all’angolo questa “opzione” me la dà gratis, o quasi (qualcosa si paga, perché i prezzi sono più alti che online, ma se in quella situazione di emergenza compro sei uova il sovrapprezzo non coprirà certo il servizio di pronta disponibilità che ricevo).

Insomma, l’esistenza di un negozio fornisce vari servizi anche a coloro che comprano quasi tutto via internet. Non sorprende quindi che anch’essi siano ben contenti che il commercio tradizionale continui ad esistere, dato che a loro costa ben poco ed è sostenuto, invece, dagli acquisti degli altri consumatori, inevitabilmente maggiorati rispetto ai negozi virtuali.

Proprio per questo è giusto che i negozi fisici siano sostenuti da tutti attraverso un trattamento fiscale che riconosca il beneficio collettivo che creano.

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