Ne “I Salmi” il soffio di vita

Stasera a Rimini presentazione della traduzione del testo biblico di Davide Brullo edito da Città Nuova all’interno della kermesse Pneuma
I Salmi

In greco è pneuma, in ebraico è ruah e in cinese qi. È il soffio, l’energia che dà la vita, quella creatrice, che per esprimersi ha bisogno della relazione con l’altro. Questo il senso che sta dietro alla manifestazione di Rimini dal titolo "Pneuma" che si tiene dal 4 al 25 luglio al Museo della città.

Tra i protagonisti il giovane poeta milanese, ma romagnolo d’adozione, Davide Brullo che alla kermesse porterà – l’11 luglio alle ore 19 -, la traduzione che ha fatto de I Salmi per Città Nuova. Oltre all’autore interverranno l’assessore alla cultura Massimo Pulini e Claudia Castellucci, co-fondatrice della Societas Raffaello Sanzio.
 
Ed è all’autore della traduzione del testo più poetico dell'Antico testamento che abbiamo rivolto alcune domande.  
 
I Salmi sono il testo poetico della Bibbia per eccellenza. Come mai la scelta di questa traduzione?
«Si traducono i Salmi per cercare se stessi. Il lavoro è cominciato nel 2001 all’Università di Milano. Praticavo l’ebraico da solo, traducevo lungo l’arco del pomeriggio. Ogni versetto, ogni parola, ciascuna lettera era trappola e feritoia, occhio e abisso. Insieme a nove Salmi, ho tradotto i profeti Abacuc, Sofonia, Nahum. Dieci anni dopo, nel 2011, ho dato risposta a quel lavoro cominciato da ragazzo, azzerandomi, rifondandolo».

I Salmi, sono poesia ma anche preghiera. Come si inseriscono nella kermesse di Pneuma?
«Nei Salmi è tutto l’uomo, urlo, ingiuria ed elemosina di pietà. Parola che compie, che è gesto, come uno scuotere di mani. Ripetere il Salmo è aprire il proprio costato al dialogo con Dio, ossa come lettere».

Cosa c’è di nuovo rispetto alle altre rivisitazioni de I Salmi?
«La lingua impone legami. Non si parla da soli, si parla per vivere   insieme, fondando comunità. I Salmi che ho tradotto dipendono da chi mi ha preceduto: dalla versione metallica di Giovanni Diodati e da quella labirintica di Guido Ceronetti, devo molto alle osservazioni di Gianfranco Ravasi e anche al lavoro di Erri de Luca. Ancora di più, ho avuto bisogno di Girolamo, dello sguardo di Giacomo Leopardi che trafigge Giobbe, dei salmi di Paul Celan».

Difficoltà nell’approccio a questo testo ne ha incontrate?
«Riguardo all’ebraico sono un analfabeta, un esule, un apocrifo, un fuoriluogo. Le difficoltà tecniche sono state risolte grazie alla versione interlineare dei Salmi. Ma ce ne sono altre insuperabili. La Bibbia è una esperienza che bisogna espiare. La Bibbia ti spiana e desertifica: dopo un po’ la devi abolire dalle tue letture. Costringe sempre a scelte estreme».
 

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