Nato male, ma…

La mia vita è iniziata male: sono nato dentro la tazza di un vater. Un lamento, un pianto di bimbo: ero io. Tutti i familiari accorsero e portarono mia madre e me d’urgenza in ospedale. Lei mi aveva concepito quando aveva appena 14 anni: era una bambina sola (la madre era tutto il giorno al lavoro) e indifesa (il padre ubriacone). Poi le famiglie dei miei genitori si misero in conflitto ed io crebbi sbattuto tre mesi da una parte e tre dall’altra. Mio padre picchiava sempre mamma per delle sciocchezze, ed io finivo regolarmente al pronto soccorso, pestato sulla faccia e per tutto il corpo. A dodici anni, poiché non andavo bene a scuola, lui mi tagliò i capelli a ciocche qua e là per farmi sentire più umiliato di quanto già non lo fossi. Appena misi piede in classe, i miei compagni scoppiarono a ridere. L’ultima volta che mio padre alzò la mano sulla mamma, io per difenderla afferrai un coltellino e lo colpii. Ero piccolo e non gli feci niente; dopo di che giù botte a non finire. Infine lui mi cacciò di casa. Inutile la ribellione di mia madre. Andai ospite dai parenti un po’ di qua un po’ di là, sbandato, senza guida. La mia vera casa era la strada. Nuove amicizie, i primi furti, le prime sniffate di cocaina. Finì che ruppi ogni rapporto con i miei e incominciai una vita randagia, solitaria. Nel cuore avevo solo un grande affetto: mia madre. Purtroppo lei si ammalò di tumore e nel giro di otto mesi morì. Il mio rimpianto attuale è di non esserle stata vicino come avrei voluto. Conobbi colei che è ora mia moglie quando avevo dodici anni. Quando mamma morì, mio padre, cacciò di casa anche mio fratello e mia sorella, più piccoli di me. Io e mia moglie, anche se eravamo quasi dei bambini, li prendemmo a casa nostra e insieme crescemmo, facendogli da padre e da madre, nonostante noi. Più tardi nacque la nostra prima figlia, e poi un bambino: due meravigliose creature. Ora mia sorella e mio fratello stanno bene e si sono creata una nuova famiglia. Nel 2004 finii in prigione per spaccio di droga: un reato che mi fruttò dieci anni di reclusione. In galera non mi drogai più. Ero cambiato, ero diventato un altro. Ma mi ammalai di depressione anoressica e bulimia. Arrivai a pesare trentotto chili, sopra una sedia a rotelle. Solo per un breve periodo ottenni gli arresti domiciliari. In carcere però conobbi Ennio, un volontario carcerario: una personalità non comune che sprigionava serenità e sicurezza. Un giorno mi invitò ad andare in chiesa. Siccome avevo fatto tutte le esperienze, mi dissi: facciamo anche questa, non si sa mai che mi porti bene. Sentendo tante persone pregare, provai qualcosa di bello, fu come se dentro qualcuno mi dicesse: questa è la vita che fa per te: prega, cerca di vivere anche tu secondo ciò che dice la Bibbia. Quella sensazione di benessere interiore non l’avevo sperimentata mai. Con Ennio cominciai ad approfondire il significato di alcuni versetti del Vangelo come amate i vostri nemici, ama il prossimo tuo, date e vi sarà dato: tutte parole che, nella misura in cui mi sforzavo di metterle subito in pratica, mi cambiavano la vita. A volte mi sembrava di volare, vedevo le cose da un’altra angolazione che sentivo essere quella giusta. Anche adesso, nei momenti più adatti, nei riguardi dei miei compagni di cella cerco di mettere in pratica quello che vado imparando. Alcuni di loro, incuriositi perché mi vedono diverso da quello che ero, mi chiedono spiegazioni, vogliono sapere. Per fortuna c’è Ennio: lui sicuramente saprà spiegare meglio di me come si fa a diventare persone nuove, persone con la gioia dentro. Io ho capito come funziona, ma spiegarlo mi rimane difficile, anche perché sono all’inizio.

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