Natale del lavoro, la debolezza che può scrivere la storia

Il lavoro, fattore indispensabile di pace, messo in pericolo da logiche speculative interne all’attuale sistema economico. Dal caso Caterpillar di Jesi a quello emiliano della SaGa Cofee e della GKN di Firenze. I tentativi di risposta che emergono dai territori. Un segno da cogliere nel Natale 2021
Lavoro. Sindaci dell’appennino emiliano al presidio deile lavoratrici e lavoratori della SaGa Cofee Guido Calamosca/LaPresse

«Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace» ed «è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità». Per capire bene questo brano del messaggio di papa Francesco realativo alla giornata della pace del primo gennaio 2022, bisogna andare davanti ai cancelli della Caterpillar di Jesi nelle Marche dove la direzione della multinazionale statunitense ha annunciato, di punto in bianco, l’intenzione di chiudere lo stabilimento metalmeccanico che funziona a pieno ritmo su tre turni con tanto di richiesta di straordinari e recenti piani di espansione.

È prassi comune dichiarare lo stato di crisi e avviare procedure di licenziamento sotto le feste e in piena estate, quando le persone sono più distratte e hanno meno capacità di difesa.

Banale ma efficace mossa strategica che si è riproposta a Jesi con la sua ritualità per i 270 dipendenti, tra “stabili” e precari, che ricevono segnali di solidarietà da tutto il territorio.  Di sicuro la pace è compromessa per le famiglie coinvolte da scelte gestionali maturate in lontani e anonimi consigli di amministrazione.

«Queste imprese sono spesso equiparabili agli Stati per forza e dimensione: se prendono una decisione non tornano indietro», come dichiara Francesco Borgomeo, presidente di Confindustria Cassino con esperienze maturate nel campo delle riconversioni produttive, a Il Sole 24 ore del 23 dicembre 2021. Cioè nel giorno in cui perfeziona il passaggio della proprietà dello stabilimento fiorentino della GKN, multinazionale britannica del settore auto, alla QF SpA, società fondata dallo stesso Borgomeo per accompagnare il progetto di riconversione industriale dello storico sito di proprietà della Fiat fino al 1994, verso altre tipologie di produzione legate al settore farmaceutico e a quello delle fonti rinnovabili. Si tratta di un progetto destinato a realizzarsi con l’investimento di 100 milioni di euro, secondo Borgomeo, in un tempo prevedibile di due anni, durante il quale i 420 lavoratori minacciati di licenziamento a luglio 2021 seguiranno corsi di formazione e percepiranno la cassa integrazione.

I posti di lavoro restano ancora in piedi, in attesa di una collocazione definitiva, ma in base a una prospettiva decisamente diversa da quella della costruzione di un polo della mobilità sostenibile così come proposto dal collettivo lavoratori GKN, assieme a esperti e ricercatori universitari di Pisa.

Un percorso originale di sviluppo industriale che non rientra evidentemente nel piano per la ripresa e transizione ecologica elaborato dallo stesso governo Draghi che, invece, ha introdotto, nella manovra di bilancio, maggiori formalità nella comunicazione dei licenziamenti collettivi per le aziende con più di 250 addetti.

Regole che valgono per un bacino molto ristretto di aziende senza costituire un ostacolo alle delocalizzazioni che restano facilitate, di fatto, dalla concorrenza sleale interna alla Ue.

Sono state respinte, perciò, altre proposte di legge anti delocalizzazioni, come quella elaborata dai lavoratori GKN assieme ai giuristi democratici, perché considerate contrarie agli investimenti esteri in Italia. È di questo parere Francesco Borgomeo secondo il quale «gli atteggiamenti punitivi non servono. Non è bloccando le multinazionali che si possono affrontare le delocalizzazioni». Nel caso della GKN di Firenze, Borgomeo ritiene che l’elemento di forza sia il capitale umano, cioè i lavoratori che, in questo caso, presentano alti livelli di competenza: «Per formare persone così occorrono 3 anni e 100 mila euro. Lo stabilimento è perfettamente funzionante, ha valore se resta legato ai dipendenti».

Ne sono convinti ovviamente gli stessi lavoratori che, tuttavia, non ci stanno ad essere ridotti a semplici fattori efficienti di produzione. Si pongono, pertanto, come parte di un organismo pensante che vuole porsi direttamente come “classe dirigente” che avanza proposte di politica industriale.

La prima rivendicazione che hanno avanzato è stata quella di impedire il trasferimento dei macchinari dallo stabilimento di Campi Bisenzio, obiettivo raggiunto grazie anche ad un’ordinanza del sindaco del comune dell’area metropolitana fiorentina.

Ora sono consapevoli che la GKN, controllata dal fondo finanziario Melrose, in un modo o nell’altro porterà via quelle macchine. «Ma per quanto ci riguarda invece il principio non cambia: per ogni macchinario che esce, ci deve essere chiarezza su quali macchinari arrivano. Altrimenti, come già detto, da qua non esce uno spillo».

Una dichiarazione netta che fa capire l’intenzione di non smobilitare l’impegno per una reale reindustrializzazione della fabbrica in una vertenza che vuole porsi come guida di tutte le altre destinate ad emergere, come ad esempio quella ultima della Caterpillar di Jesi o la SaGa Cofee in Emilia.

Anche perché la chiusura a Firenze della fabbrica di semiassi e giunti per auto strettamente legata, fino all’ultimo, alla fornitura di Stellantis, già Fca, dovrebbe porre seri interrogativi sul futuro del settore auto in Italia.

Non si vogliono investire soldi pubblici nel polo della mobilità sostenibile basato sulla competenza dei lavoratori ma, nota il collettivo GKN, «in verità l’intervento pubblico c’è e ci sarà. C’è perché Invitalia e il Ministero dello sviluppo economico di fatto danno benedizione e garanzie a parole che si tratta di un’operazione credibile e seria. E ci sarà perché l’eventuale ammortizzatore e i corsi di formazione saranno probabilmente fatti con soldi pubblici. L’intervento pubblico c’è, quindi, ma si limita a monitorare dalla finestra».

Nasce da questa consapevolezza la richiesta di arrivare ad un accordo in sede istituzionale tra tutte le parti per il controllo «di un piano industriale certo e dettagliato, con tempistiche certe e con un termine entro il quale l’assenza di progressi chiari preveda l’intervento dello Stato» e il riconoscimento della «pari dignità anche delle proposte di reindustrializzazione elaborate dai lavoratori e dai soggetti solidali territoriali» destinate a subentrare in caso di fallimento del progetto di Borgomeo.

«Non crediamo alle favole o ai supereroi. Crediamo che le nostre debolezze possano scrivere la storia», scrive il comunicato dei lavoratori ormai ex GKN del 23 dicembre 2021. Un messaggio emblematico a due giorni dal Natale che è l’annuncio di una debolezza che cambia la storia.

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