E’ Natale anche in Iraq e Siria
In Iraq, com’è noto, è in corso da ottobre l’offensiva sostenuta dalla coalizione internazionale per riconquistare la piana di Ninive e Mosul, la seconda città irachena, tenacemente difesa da 6-8 mila jihadisti del Daesh che attualmente controllano ancora più del 50% del territorio e del suo hinterland. Il patriarca caldeo d’Oriente, Louis Sako, intervistato da France-Presse, sulla situazione nella regione, ha detto: “Ci sono danni enormi nei villaggi liberati. Li ho visitati e mi sono reso conto che sono distrutti per almeno il 30-40%. Le chiese sono state danneggiate, come pure le strade e le infrastrutture”.
In Iraq le principali messe di Natale sono state celebrate a Bartella nella chiesa di Mar Shemoni e in quella di Mar George a Baghdad. Particolarmente attesa era quella celebrata dal vescovo siro-cattolico di Mosul, monsignor Mouché, nella cattedrale dell’Immacolata (al-Tahira al-Kubra) di Hamdaniya, una città, nota anche con il vecchio nome ottomano di Qaraqosh e nel cuore di una delle zone irakene dove i cristiani sono da sempre numerosi. È probabilmente questa la chiesa che papa Francesco ha ricordato all’Angelus di Santo Stefano: la cattedrale Al-Tahira di Qaraqosh, infatti, era stata particolarmente devastata dai jihadisti del Daesh: parte del campanile, la statua dell’Immacolata e le campane erano stati abbattuti, la chiesa incendiata e il coro usato come poligono di tiro. Nel cortile c’erano ancora i mobili sfasciati buttati dalle finestre e un cumulo di ceneri, residuo del rogo di libri sacri e registri amministrativi.
In questo contesto di guerra e di dolore per le numerose vittime (cristiane e non solo), un gesto di particolare significato, voluto dai cristiani caldei di Baghdad, è stato l’invito rivolto al presidente del Consiglio supremo islamico dell’Iraq (SIIC), lo sciita Ammar al-Hakim, che è intervenuto nella chiesa di Mar George dopo la messa natalizia. Ammar al-Hakim è anche il fondatore della “Al-Hakim Foundation” (2003), la più grande istituzione della società civile irakena che opera per l’assistenza umanitaria, lo sviluppo, i diritti umani, e il dialogo tra le religioni. L’istituzione ha ottenuto da alcuni anni anche lo status di consultore presso il Consiglio economico e sociale dell’Onu.
Anche ad Aleppo, in Siria, nel quartiere Jdaydeh, si è celebrata la messa di Natale nella cattedrale maronita di Sant’Elia semidistrutta dalle bombe, presenti oltre a fedeli cristiani anche numerosi musulmani. Commovente il presepe e la grande stella cometa posizionati sopra il cumulo delle macerie della navata centrale.
Il sito asianews.it del Pime riferisce che “tutte le chiese e le moschee di Aleppo” hanno festeggiato la fine dei combattimenti e “quelle (chiese) che hanno ancora le campane hanno suonato a lungo per la gioia”. La fonte di queste notizie è padre Ibrahim Alsabagh, francescano della parrocchia latina. “Dopo lunghe trattative – aggiunge il religioso – i gruppi militari hanno consegnato le armi e sono usciti dalla parte est della città. La fine della guerra ad Aleppo è il regalo più bello per tutta la popolazione. Tutti siamo in festa”. La parrocchia latina ha realizzato un simpatico video di auguri in italiano, arabo, inglese e francese.
Il comitato della Croce rossa internazionale conferma che ad Aleppo Est “tutti i civili che desideravano uscire dalla zona hanno potuto farlo, così come i feriti e i combattenti”. Nel quartiere cristiano armeno di Aziziya è stato innalzato un grande albero di Natale, il primo dal 2012. Nel video tratto dal profilo Facebook di SOS Chretien d’Orient, si vede l’esibizione di una banda composta da giovani armeni vestiti da Babbo Natale.
In piazza, a festeggiare insieme la liberazione della città e il Natale, c’erano musulmani e cristiani, secondo il migliore stile aleppino di convivenza. Secondo alcune fonti, in questi giorni sono tornati in città molti dei profughi che erano fuggiti pur rimanendo in Siria: si parla di circa un milione di persone.