Natale… a Capodanno

Quando vivere il Vangelo sconvolge la vita e comincia la rinascita. Una testimonianza.
Loppiano

È facile che tra colleghi di lavoro si creino dei circoli chiusi dove ci si condiziona a vicenda, e non in senso positivo; né l’azienda dove io lavoravo faceva eccezione alla regola. Senza accorgermene, mi ero trovato coinvolto in uno di questi clan dalla mentalità piuttosto libera e godereccia: denaro, benessere, avventure sentimentali… Tutto ruotava attorno a Lisa, una nostra collega che lavorava al centralino: molto giovane e carina, si era sposata piuttosto presto, ma dopo qualche mese era stata abbandonata dal marito. Cose che capitano… Beh, insomma Lisa era diventata un po’ il trastullo degli impiegati del nostro giro, che a turno passavano le serate a casa sua per una "cenetta".

 

Non avevo le idee troppo chiare in fatto di morale, ma a me sembrava tutto uno sfruttamento; e il dubbio restava, anche se lei era la prima a stare al gioco. Prima o poi, lo sentivo, anche a me sarebbe toccato uno di quegli inviti: non vedevo come poterlo evitare; e poi chi li avrebbe sentiti i miei colleghi? C’era da perder la faccia per sempre. Già le sentivo le risate di Ernesto, le battute di Leo…

«Se la cosa è proprio inevitabile – ragionavo fra me –, almeno ci sia un minimo di sentimento, di affetto verso questa qua». E dato che si avvicinava Natale, non trovai di meglio che scriverle un bigliettino di auguri dove cercavo di esprimere le cose più belle che mi pareva di aver dentro: frasi tipo: «Natale è trovare un amico sincero», «Natale è un sorriso disinteressato», e via dicendo. Gli auguri così concepiti fecero colpo su Lisa, che li accolse con un sorriso che faceva presagire… un prossimo invito a casa sua.

 

A questo punto bisogna che faccia un inciso. C’era un’altra ragazza che mi interessava, con la quale però ero in rotta da alcuni giorni; ora, durante le vacanze di fine anno gli inviti a festicciole tra i comuni amici si sarebbero moltiplicati, e a me non andava assolutamente di incontrarla in quelle circostanze, per non venire costretto da tutta la combriccola a far la pace con lei: mi sembrava una tale banalità. Meglio evitarla e lasciare che cuocesse nel suo brodo.

 

Certo, se fossi riuscito a cambiare ambiente, a trascorrere quei giorni da qualche altra parte… Ma dove? Mi ricordai di un posto chiamato Loppiano (me ne aveva parlato mio fratello), che dalla descrizione fattami corrispondeva, nella mia testa, all’immagine di una specie di convento, sulle colline toscane: doveva essere mica male. L’idea di un paio di giorni in "santa pace", in mezzo alla natura, senza che nessuno di casa ti venga a rompere l’anima, mi sorrideva. E decisi di andarci, appena dopo Natale. Strano, ma il mio Natale nel senso più vero della parola fu… a Capodanno, giorno in cui ci capitai, a Loppiano. Lì infatti mi presi un colpo. Chi l’avrebbe immaginato, prima, che il Vangelo lo si poteva vivere per davvero, oggi, giorno per giorno? Eppure lì, fra quella gente, era così… Mi si spalancò davanti tutta una realtà che non avrei mai supposto. Se non fu una conversione alla san Paolo, per lo meno ci si avvicinò di molto. Insomma, tutto il mio modo di vedere la vita e gli altri ne fu ribaltato. E con la scoperta, una gran voglia di provare anch’io una vita così.

 

 

Intanto, a proposito del bigliettino natalizio, solo ora capivo cosa volessero dire veramente quelle parole: «un amico sincero»… «un sorriso disinteressato ». Forse era il caso di cominciare da lì. Per cui, quando ripresi il lavoro e Lisa m’invitò a cena, sentivo che sarebbe venuto fuori qualcosa di bello.

 

Esternamente, quel sabato sera, tutto seguiva il copione già collaudato dai miei colleghi: cenetta intima, innaffiata da vini pregiati, luci soffuse, buona musica… Solo che io, invece di bruciare le tappe per arrivare alla solita conclusione, mi dilungavo volentieri, cercando di ravvivare la conversazione con gli argomenti che potevano far più piacere a Lisa, di ascoltarla con vera partecipazione. Dopo cena, mi invitò a sedermi accanto a lei sul divano… e lì mi fu troppo evidente (di una evidenza non tanto logica, perché nemmeno io riuscivo a spiegarmi il cambiamento che stava avvenendo dentro di me) che, se le volevo veramente bene in quel modo "nuovo", dovevo rispettarla. Così, senza dare spiegazioni, mi alzai e le augurai la buona notte, lasciandola di stucco.

 

Che Lisa ci fosse rimasta male, e non poco, dovevo immaginarmelo; ma la conferma l’ebbi lunedì in ufficio, quando i miei colleghi mi accolsero con frizzi e battute salaci: tutti avevano saputo da lei quello che era avvenuto, o meglio che non era avvenuto, quel sabato sera. Ma ormai, tutto preso nell’onda di quel Natale "a scoppio ritardato", non mi accorgevo neanche di quello che dicevano gli altri: mi sentivo così libero, per aver rotto quel giro vizioso… e nemmeno mi passava per la mente di andare da Lisa – come avrei sicuramente fatto in altri tempi – per dirle in faccia: «Sei proprio scema a mettere in piazza così la tua vita privata!».

 

Doveva passare qualche anno perché, rivedendola in altre circostanze (avevo infatti cambiato lavoro), mi sentissi dire da lei quello che mai mi sarei aspettato: «Anche se c’è voluto del tempo, ho capito, sai, il tuo comportamento di quella sera; e l’ho apprezzato. Ti ringrazio».

                                                                                                                                             Valerio

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