Nassiriya
Era davvero opportuno mandare in prima serata un film sulla strage di Nassiriya di Canale 5. Nelle due serate in cui è andato in onda, infatti, è stato sempre battuto da Le ragazze di San Frediano, garbata proposta di Raiuno, tratta dal romanzo di Vasco Pratolini. Un onesto film, elegante, ideale per una serata scacciapensieri. Di certo però non una fiction per pensare, per riflettere, per non dimenticare come quella che rievocava la storia dei 19 italiani uccisi il 12 novembre 2003. Era proprio questo, fin dal titolo, l’obiettivo di Nassiriya: tenere vivo il ricordo di chi ha perso la vita, cercando di difendere la fragile democrazia in Iraq. Al di là delle bandiere e di quello che si possa pensare della guerra preventiva, della strategia Bush e dell’opportunità di deporre Saddam lasciando sul campo migliaia di morti, il martirio di questi nostri connazionali, resta un esempio altissimo di sacrificio per salvaguardare ideali universali. E allora che siano maggioranza gli italiani interessati piuttosto ad un delicato romanzo di formazione che ad un film di impegno civile come questo, spiega bene perché la fiction con Raoul Bova fosse cosa buona e giusta. Giusta, perché evidentemente c’è ancora bisogno di raccontare questa storia. Buona, perché il film, oltre che opportuno è anche ben fatto, una spanna sopra la media di prodotti di questo genere. Quale fosse il destino dei protagonisti è infatti noto fin dall’inizio, sappiamo da subito che periranno tutti. Malgrado questo, la fiction resta avvincente fino all’ultima inquadratura, l’azione sostiene l’emozione, il sentimento è temperato da dialoghi molto realistici, le storie degli uomini è intrecciata sapientemente alla cronaca vera di quei giorni terribili. La scrittura si prende l’onere di riscrivere la vicenda con l’obiettivo alto di restituirla allo spettatore viva, appassionante, carica di ideali, ma anche leggera come sa essere la vita spicciola di tutti i giorni. Anche Raoul Bova, icona sexy del cinema italiano, offre una prova di maturità e di grande umanità, asciutta e partecipata, forse anche frutto del periodo di tirocinio trascorso ad Hollywood. Onore a Mediaset per averla proposta, ma anche orecchie da tirare al Biscione per la decisione di infilare di soppiatto spot che comparivano furtivamente nella parte bassa dello schermo. La tecnica è già entrata nella prassi, nessuno per ora lo ha fatto notare o se ne è lamentato. Ma il fatto che un film, già massacrato da infinite pause pubblicitarie, sia soggetto anche all’incursione di promozioni mordi e fuggi è abbastanza urtante. Mentre si racconta il martirio di eroi dei nostri giorni, vedersi ricordare la marca di un pannolino o di una caramella con una rapida citazione, è una di quelle cose che sono capaci di rovinare anche il migliore dei prodotti televisivi, come Nassiriya appunto.