Napolitano, via al secondo mandato

Il presidente giura davanti al Parlamento in seduta comune. Poi il discorso, duro e commosso, con cui non le manda a dire: rampogne severe per i partiti e condizioni per la sua permanenza al Quirinale. Ma anche parole di incitamento aperte alla speranza. Adesso, scaletta serrata: veloci consultazioni, incarico esplorativo, nuovo governo entro fine settimana
Giorgio Napolitano al Parlamento nel discorso inaugurale del suo secondo mandato

Le ragioni di una scelta Napolitano inizia il suo discorso esprimendo gratitudine per la rinnovata fiducia, e in particolare dimostrando apprezzamento per quella dimostrata nei suoi confronti «da tanti nuovi eletti in Parlamento che appartengono ad una generazione così distante, e non solo anagraficamente» dalla sua.

Ricorda le motivazioni che lo hanno indotto ad accettare il re-incarico: le ragioni «rappresentatemi – dopo l’esito nullo di cinque votazioni in quest’aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso – dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei presidenti delle Regioni». Constatato lo stallo del Parlamento, Napolitano ha spiegato come abbia «ritenuto di non poter declinare l’invito – per quanto potesse costarmi l’accoglierlo – mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del Paese».

Sottolinea ancora il carattere di una scelta che, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale e quindi pienamente legittima, è pur sempre eccezionale ed emergenziale.

Passa poi a bacchettare i partiti, non solo per il dilagare della corruzione, ma anche per le risse, per l'inconcludenza sulle riforme necessarie al Paese, a partire da quella elettorale (definita «imperdonabile»), passando dalla riforma dei partiti, fino alle riforme istituzionali.

Ne propone una sommaria rassegna e ne trae le conseguenze: «Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti: hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento».

Non mancano gli stimoli a partiti e Parlamento per «offrire, al Paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi: passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l’Italia».

Arriva anche un monito, con le ferme condizioni da lui poste per la sua permanenza al Quirinale: «Se mi troverò di nuovo innanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinnanzi al Paese». A buon intenditor…

E conclude, ricordando a tutti la pagina nuova che lui personalmente e anche il Parlamento sono impegnati responsabilmente a scrivere: «Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio».

I commenti dei partiti  Le reazioni dei partiti al discorso di Giorgio Napolitano fotografano la situazione di un Parlamento diviso in tre blocchi: plauso incondizionato dal Pdl, apprezzamento con qualche distinguo da parte del Pd, freddezza dal M5S.

Per Berlusconi si è trattato «del discorso più straordinario che io abbia mai sentito nella mia vita politica, da meditare». Per Maroni: «Bene Napolitano. Governo subito o tutti a casa. Il presidente esprime l'orgoglio della politica e il coraggio di decisioni difficili».

Per Casini: «Ha messo tutti davanti alle proprie responsabilità; mai si è vista tanta forza morale, incisività e correttezza istituzionale».

Per Bersani: «Ha detto quel che doveva dire, con un discorso di una efficacia eccezionale», e per Enrico Letta: «Dopo un discorso simile c'è solo da agire, senza perder tempo, senza spirito di fazione e pensando solo ai problemi del Paese».

Per il capogruppo di Sel alla Camera Gennaro Migliore: «Un governo di larghe intese non avrà la nostra fiducia ma voteremo i singoli provvedimenti che ci troveranno d'accordo».

Per i capigruppo Lombardi e Crimi del M5S (i cui rappresentanti sono rimasti in piedi, ma senza applaudire): «Quello del presidente Napolitano è stato un discorso politico, in barba al ruolo di garanzia che un capo dello Stato dovrebbe mantenere».

I commenti sul web «Napolitano Reloaded», posta sul suo blog Beppe Grillo, che riporta citazioni dello stesso capo dello Stato del marzo scorso: «Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente».

E su Twitter scrive Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della sera: «Un grande e sonoro schiaffo all'inconcludenza dei partiti e della politica». E Gianni Riotta, editorialista de La Stampa: «La commozione frequente del presidente Napolitano durante il suo discorso prova la sua mancanza di cinismo e la gravità del momento». E il segretario della Cisl Raffaele Bonanni: «Adesso bisogna fare subito il governo, riconciliando il Paese. Lavoratori e famiglie aspettano soccorsi».

Ma il commento più stentoreo è quello di un giovane (con tanto di firma e foto, ma sconosciuto ai più): «Un gigante che parla davanti a troppi nani. Grazie presidente».

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