Napolitano presidente e garante

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La sua prima dichiarazione è stata: Sarò il garante di tutti gli italiani. Riuscirà in questo impegno? È il quesito che tutti si pongono. Dopo una campagna elettorale pesantissima, che ha visto molti politici impegnati a trascinare la società in divisioni insanabili e in delegittimazioni reciproche, prima ancora che esporre il proprio programma politico, la domanda non è fuori luogo. Da parte mia qualche fondata ragione di speranza la posso portare: si basa su due ricordi. Primavera del ’94, clima preelettorale: il gruppo Dc decide di proporre, in aula, una mozione per bloccare la ricerca scientifica sulla vita umana. Con alcuni parlamentari lanciamo la sfida di una strada nuova: riscrivere il documento con l’apporto di tutti i partiti, per trovare una formula che affermi l’universalità del valore di quella scelta. Ci serve tempo, almeno 12 ore per una trattativa non strozzata; Giorgio Napolitano, allora presidente della Camera, ce lo concede rendendo possibile l’inversione dell’ordine del giorno. Alla fine sottolinea con noi la positività del risultato unanime: temi così delicati non meritano, nemmeno in campagna elettorale, divisioni ideologizzate. Stessa legislatura, stesso tentativo di avere un consenso unanime: l’argomento è la copertura sanitaria per le persone extracomunitarie. Cominciava già allora un serrato confronto sull’argomento tra diritti e sicurezza: lui, il presidente, si allea con noi, che siamo un gruppetto di deputati della maggioranza ed alcuni dell’opposizione. Suggerendoci il modo migliore di sfruttare tutte le possibilità del regolamento, ci aiuta a raggiungere il risultato. Solo l’imminenza delle prossime amministrative non gli ha per- messo di raccogliere per intero il consenso che avrebbe potuto incassare in un periodo più pacato. La sua capacità di dialogo è tuttavia fuori discussione: tanti politici dei diversi fronti gli riconoscono di avere spesso saputo guardare avanti. E la sua storia lo dimostra. In pieno clima di divisione dei blocchi, in un Pci che vede come punto di riferimento quello sovietico, la sua coltivata attenzione per le vicende internazionali lo ha portato al superamento della contrapposizione ideologica agli Usa. Da lì sono iniziati i suoi viaggi per conoscere da vicino quella realtà e farsi conoscere. È stato capace di leggere nel disegno europeista dei tre grandi statisti cristiani, Schumann, De Gasperi, Adenauer, un progetto da sostenere e condividere, diventando in tal modo, in minoranza nel suo partito, lui europeista convinto. Capacità che gli è stata riconosciuta fino al punto di conferirgli, nel suo ultimo impegno al Parlamento europeo, la presidenza della commissione Affari costituzionali. A questo si devono i riconoscimenti pervenutigli da tutto il continente. Qualcuno ha definito l’applauso venuto da gran parte dell’emiclico al raggiungimento del quorum la fine delle ostilità e quindi questa elezione come il primo atto politico della legislatura. Una candidatura nata contro, frutto di un percorso più opportunistico che ideale, potrebbe rivelarsi invece segno maturo dei tempi. Con l’elezione di Napolitano giunge a compimento il progetto intuito, perseguito e pagato con la vita da Moro: integrare una forza politica così rappresentativa del paese dentro il governo democratico e moralizzare l’esercizio del potere con la possibilità di una reale alternanza. Un politico proveniente dal partito comunista, molte volte in dissonanza con esso, ma pur sempre ai suoi vertici, è oggi garante delle istituzioni. Dopo Scalfaro, il presidente galantuomo, dopo Ciampi, il presidente della gente, un altro vecchio che potrebbe rivelarsi grande. Lo mette in luce la sua risposta a Benedetto XVI: Traggo dal suo richiamo ai valori umani e cristiani del popolo italiano motivo di incoraggiamento nell’impegno che mi accingo ad assumere. Dalle sue prime parole dopo l’elezione emergono chiare le sue priorità. Il dialogo scelto come metodo della politica, frutto di gesti pacati, di abitudine all’ascolto e all’interesse per la novità dell’altro. La necessità di approvare riforme utili per traghettare la nostra democrazia fuori dal metodo, usato a destra come a sinistra, di approvare disegni dettati da interessi di parte. L’ostinata ricerca, accanto alla salvaguardia della libertà, di una solidarietà che non dimentichi la giustizia. E noi cosa possiamo offrirgli, per aiutarlo nella sua funzione di garante dell’armonia delle istituzioni democratiche? Possiamo far scoprire, in questo compito, al presidente (e alla classe politica che lo accompagna) la ricchezza di una società che sa organizzare risposte, non solo presentare bisogni, il valore di gente che sa produrre beni, ma soprattutto relazioni sociali, capitale concreto e necessario alla vitalità di una comunità, il patrimonio di cittadini che singoli e associati sanno farsi carico di partecipazione intelligente.

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