Napoli non ti arrendere! Incontro con don Vittorio Siciliani

Di fronte ad episodi di violenza che periodicamente sconvolgono la vita della città partenopea, una sorge spontanea: ma a Napoli e provincia è solo guerra di camorra? Certamente no. Azioni mirate, da parte delle istituzioni dello Stato e di associazioni, sono messe in atto da più parti; movimenti laicali ed ecclesiali sono impegnati a diffondere la cultura della legalità nel servizio ai più deboli; molte scuole si adoperano per una formazione alla non violenza dei ragazzi. Ne parliamo con don Vittorio Siciliani parroco, a Scampia da molti anni. La sua parrocchia sorge in un quartiere tristemente famoso per la presenza della droga. Cosa è per lei lavorare qui? La droga in questo quartiere la sentiamo come una condanna, una condanna ingiusta, e per questo non vogliamo arrenderci. Quando qualcuno viene da me sconsolato, gli dico: Non arrenderti! Confidiamo in Gesù e nella sua parola. Ci sono drogati nelle famiglie che vivono l’esperienza comunitaria della parrocchia? Pochissimi, anche perché quando ci accorgiamo di qualcosa, cerchiamo subito di intervenire e di aiutare questi ragazzi portandoli da specialisti o, in casi gravi, nelle comunità terapeutiche. E, grazie a Dio, possiamo dire che riusciamo a salvarli… Non riusciamo invece a impedire che nostri ragazzi diventino spacciatori di droga. Parlando con loro, ci dicono: Dobbiamo pure lavorare, voi che ci offrite?. Spesso, pur di non vederli nel giro, li abbiamo invitati a cercarsi un lavoro al Nord. Quale è il disagio più grande che vive la gente della comunità? Essere presidiati nei loro condomini dagli spacciatori. Ad una certa ora del pomeriggio decine di palazzi sono piantonati da uno di loro, di solito un inquilino del condominio, il quale, nei momenti operativi, chiude il cancello.Accedere a casa in questi frangenti è quasi impossibile. Un papà di famiglia, che ritorna dopo una giornata di faticoso lavoro, si sente dire dal giovanotto: Tornate fra mezz’ora…. Non ci si può opporre? Dovrebbe scomparire la droga, ma pare che sia impossibile per l’economia del mondo. Certo si potrebbe far qualcosa per eliminarla dal commercio illegale, ma il drogato dovrebbe essere considerato un malato… Mi sono chiesto perché mai questo traffico non può arrestarsi, e la risposta è una sola: la richiesta è troppo forte. È sempre stato così, fin da quando lei è arrivato a Scampia? Quando sono arrivato qui, 36 anni fa, non era così. Camminavo per strada e provavo la gioia di comunicare speranza a questi giovani della periferia. Ora invece mi prendono in giro: Don Vittorio, perché ce l’avete con noi? Noi facciamo solo un servizio. Sapete chi ci ha chiesto oggi la droga?…: e qui qualche nome importante per ferirmi, facendomi capire che la richiesta di droga entra anche nelle istituzioni. Mi sento a questo punto impotente. Dico loro soltanto: Io non sono contro di voi; vorrei solo che il vostro lavoro non facesse del male agli altri e che ciascuno potesse vivere dignitosamente. Gesù invita ad amare tutti, anche chi fa parte della camorra. In che modo lei riesce ad amare questa gente? È vero, bisogna amare tutti, anche loro. Se sono in questo posto è perché devo testimoniare l’amore a ognuna di queste creature. Spesso non posso fare altro che pregare e, con la mia presenza e con l’azione della comunità, mostrare loro che può esserci un modo diverso di vivere. Inoltre con gli operatori della comunità, nei vari servizi verso an-ziani, handicappati, poveri, malati, cerchiamo sempre di mantenere un rapporto con loro. Inizialmente non è stato così… No, assolutamente. Scampia, era nato come un quartiere-pilota in Italia. Progettato per una convivenza socialmente all’avanguardia, con servizi moderni, ospitò all’inizio, nel 1960, circa dodicimila persone. Bisognava avere un lavoro e una famiglia numerosa per avere l’assegnazione di un appartamento Cosa non funzionò? L’attivazione dei servizi previsti e il collegamento con il resto della città, per cui il quartiere assunse subito la dimensione di ghetto. Io arrivai nel ’68, portando l’entusiasmo della mia esperienza con la gioventù studentesca. Iniziarono varie lotte per i diritti fondamentali e questo mi coinvolse come parroco. Scegliemmo per la parrocchia il nome Resurrezione, perché sentivo che questa comunità doveva essere segno di rinascita interiore e sociale. Poi furono scaricati qui baraccati, senza-tetto, poveri che vivevano in albergo: persone senza lavoro e senza prospettiva. Dopo il terremoto del 1980, tutte le nuove costruzioni furono occupate da oltre 17 mila persone provenienti da ogni parte della provincia in condizioni di grossa precarietà. Se prima i servizi erano inefficienti, immaginiamoci cosa successe con i nuovi insediamenti! Dopo tre anni di lotte, si ebbe il riconoscimento della circoscrizione; il disordine era però totale, per una vita sociale che si andava organizzando senza coordinamento né progetto. Poi, negli anni Ottanta, il colpo mortale con la droga e con la presenza massiccia della camorra che si appropria di questo mercato…. Ma abbiamo saputo della presenza delle istituzioni statali dopo i tristi incidenti… Mi dispiace dirlo, ma lo Stato qui è perdente. Ricordiamoci che la camorra non è contro lo Stato, ma semmai è contro gli altri clan. Se vogliamo sconfiggere realmente la camorra e il mercato della droga dobbiamo ripensare alle cause che hanno determinato tutto questo. Sono però convinto che una presenza maggiore dello Stato a tutti i livelli porterebbe influssi benefici. Lo vediamo in altri quartieri della città, dove la camorra non condiziona la vita come qui. Più volte, infatti, ho chiesto alle istituzioni una presenza forte…. In tutti questi anni come è stata accolta la sua proposta di una vita radicata nel Vangelo? Fin dal primo momento in cui ho messo piede qui, è stata accolta da molti laici, uomini e donne. Qui a Scampia è nato il primo diacono lavoratore della città, tanti sono diventati ministri e operatori pastorali, e c’è stato un pullulare di esperienze positive in tutti i campi della vita pastorale, esportate poi in altre zone della diocesi. Ci siamo occupati dell’abbandono scolastico, dello sbandamento adolescenziale, dei malati terminali, degli anziani soli, dei portatori di handicap. Quest’anno ho potuto dare il mandato a 280 operatori pastorali che si portano ogni giorno, nei posti più disparati della zona, in queste famiglie della camorra che noi vogliamo amare e per le quali, ripeto, noi preghiamo ogni giorno. Abbiamo provveduto a creare centri di ascolto, sale di riunioni, centri sociali, per offrire opportunità di incontri e di dialogo, e a soccorrere i cittadini in estrema difficoltà. (Mentre parliamo ogni tanto qualcuno fa capolino nello studio cercando don Vittorio. Sono le 17 del pomeriggio, n.d.r.) Come ti dicevo: ora comincia il combattimento giornaliero. È finita la breve tregua pomeridiana. E ne abbiamo di lavoro fino a tarda notte. .

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