Napoli, la campagna in città
Nella città partenopea esistono ancora aree coltivate sconosciute ai più.
Può stupire, ma fino ai primi del Novecento i napoletani, per riposare, preferivano la campagna al mare, il verde all’azzurro. Come mai? Probabilmente anche per la penuria di spazi naturali cittadini, effetto del massiccio sviluppo edilizio a partire dalla seconda metà del Settecento.
Purtroppo, tra le metropoli italiane, Napoli è quella forse più povera di verde pubblico. Se si escludono infatti il Bosco reale di Capodimonte e, sul lungomare, la Villa comunale, c’è poco da scialare per chi cerchi il contatto con la natura senza doversi allontanare troppo dalla città. Lo stesso bellissimo Orto botanico è alquanto decentrato e visitabile solo previa prenotazione.
E allora? Nonostante tutto sopravvivono ancora, in mezzo al fitto abitato, oasi di verde quasi sempre ignote ai più. E non parlo dei giardini dei palazzi nobiliari o di quelli racchiusi nei monasteri, quasi sempre di difficile accesso, ma dei fondi rustici miracolosamente risparmiati dall’espandersi caotico della città, di cui sono – direi – la ”bellezza segreta".
Esempio tipico la vigna che si sviluppa per oltre sette ettari attorno alla famosa Certosa di San Martino, sulla collina omonima che domina Napoli. Ma non è l’unico. Inglobate dalla città esistono infatti altre estese zone coltivate dall’interessante struttura agraria, ricche di molte varietà citate nelle descrizioni ottocentesche, che si pensava estinte. Si tratta, in genere, di aree estremamente acclivi, inadatte perfino alla speculazione edilizia, dove il contadino ha trovato una sorta di estremo rifugio, tra alberi da frutta (soprattutto fichi e agrumi), vigneti e ortaggi, quanto mai prosperi in questo terreno vulcanico. Le scopriamo, ad esempio, nella zona di Capodimonte-Scudillo, sul versante del Vomero che guarda verso Fuorigrotta, a Marechiaro e altrove, nonché su tutta la zona orientale fino al Vesuvio, un tempo caratterizzata dai "paduli" (acquitrini). Tale fenomeno è stato favorito dalla particolare conformazione geologica di Napoli, estesa su una serie di colline solcate talvolta da profondi valloni, dove sono frequenti antiche cave di tufo in disuso che ricordano le "latomie" sicule.
Non da molto ci si è accorti di questi lembi di campagna in città, che offrono prospettive inedite, escursioni non usuali e per le quali si impone ormai la necessità di una adeguata tutela, dato il. graduale abbandono cui sono soggette – almeno in parte – simili coltivazioni urbane, per la scarsità del reddito che se ne ricava.