Napoli e Trapani
Non potrà esserci pace nel Mediterraneo se non si stabilirà un dialogo fraterno tra Israele e Palestina. Pertanto la Amicizia ebraico cristiana (Aec) di Napoli accoglie la grande sfida di contribuire a ricomporre l’unità della famiglia umana attraverso il dialogo, un dialogo tra persone che sappia aprirsi con generosità alla molteplicità di fedi ed esperienze, e che scopra nella diversità culturale e storica non un elemento di divisone ma una ricchezza a cui attingere sempre. È quanto è emerso, da più voci e con accenti diversi, assieme alla nuova consapevolezza che il Città nuova n.13 2007 48 dialogo nasce dall’incontro delle diversità, nella quotidianità delle singole persone e dei vari gruppi, e supera la semplice convivenza, perché è nel Dna di ogni individuo questa esigenza autentica di fraternità e di pace fra tutti, contraddetta e oscurata spesso da esperienze storiche tragiche, come quella della Shoah. Viene ricordato l’invito esplicito di papa Gregorio I Magno al vescovo di Napoli Pascasio, nel lontano 602, a rispettare e tollerare l’altrui convinzione religiosa e in modo particolare quella degli ebrei. Ma poi tanta acqua è passata sotto i ponti, e nella Chiesa cattolica solo con il Vaticano II e il magistero di Giovanni Paolo II il dialogo tra cristiani ed ebrei ha ritrovato un alveo in cui crescere e prosperare. Forte è risuonato dalle testimonianze l’invito al dialogo con i fratelli musulmani, ormai presenti in tutte le nostre città, in numero sempre crescente, nella consapevolezza che dialogo significa pieno rispetto della fede altrui e bando ad ogni idea di proselitismo. Il card. Crescenzio Sepe ha auspicato che la convivenza nelle nostre città di diverse esperienze di fede non escluda mai la reciprocità, la quale deve farsi gesto fraterno, comunione di vita, azione concreta di solidarietà, ricerca condivisa . L’Aec nasce da un vasto movimento d’opinione che si sviluppa in Europa dopo gli eventi dell’ultima guerra mondiale. Fra i principali fautori lo storico ebreo Jules Jsaac, promotore della lotta contro l’antisemitismo, vicino a Giovanni XXIII. Suo scopo essenziale è quello di favorire la conoscenza, la comprensione, il rispetto e l’amicizia tra ebrei e cristiani, al fine di eliminare i pregiudizi, combattendo ogni forma, velata o palese, di antisemitismo e collaborando nella difesa dei valori ideali e morali comuni. L’Aec di Napoli – quest’anno ha la presidenza della federazione italiana -, voluta nel 1987 dal card. Ursi, il primo uomo di Chiesa che entra in Sinagoga nel 1966, ha dato vita in questi primi vent’anni ad una serie di iniziative e attività. Un impegno particolare viene rivolto alla Giornata per il dialogo con l’ebraismo indetta dalla Cei per il 17 gennaio. Impegnata nella promozione della cultura della pace e nel dialogo fra israeliani e palestinesi, l’Aec di Napoli ha dato il suo contributo alla Settimana di dialogo fra studenti israeliani e palestinesi nel febbraio 2004. Dagli anni Novanta, poi, con il diffondersi di voci revisionistiche che tentano di negare la tragica dimensione della Shoah, partecipa ad incontri con studenti e docenti di scuole di ogni ordine e grado, per testimoniare l’urgenza del rispetto delle diversità e l’educazione al dialogo per la realizzazione dell’unica famiglia umana. Negli ultimi tempi si è aperta all’Islam e ad altre religioni, accogliendo i membri di tali fedi come soci onorari. Attualmente l’Aec è impegnata a sostenere e diffondere il progetto Saving Children promosso dal Centro Peres per la pace, che offre aiuto e sostegno economico per le cure mediche e chirurgiche ai bambini palestinesi in strutture ospedaliere israeliane. RAPANI Un dottore per la pace A otto anni dalla scomparsa, viene ricordato Nicasio Triolo, medico che tanto amò l’Africa. Più passano le ore e più ci rendiamo conto della preziosità della sua vita, scrisse Chiara Lubich nel febbraio 1999, annunciando la morte di Nicasio Triolo, pioniere nella fondazione di un ospedale a Fontem, nel Camerun, tra i bangwa minacciati di estinzione. Il loro re, convinto si trattasse di una maledizione, si era rivolto al vescovo perché il Dio dei cristiani venisse in loro aiuto. La richiesta rivolta poi ai Focolari viene esaudita con tre medici inviati in Camerun. Uno di questi, Nicasio Triolo, allora cinquantenne, che era stato medico di guerra, pediatra a Trapani nel dopoguerra e avvezzo a dure lotte contro la mafia che gli aveva sequestrato e ucciso un fratello, assessore comunale per servire soprattutto i poveri, riuscirà a dare il meglio di sé fino ad essere considerato dai bangwa, un loro antenato. Triolo è rimasto nella memoria di molti come una corrente d’amore, tanto che nel programma pastorale di quest’anno il vescovo di Trapani, mons. Francesco Micciché, lo addita a modello e luce per chi vuole fare un santo viaggio. L’Associazione Mater Dei, nata nel 1992, nel suo presidente Leonardo Santangelo, quest’anno dedica a Triolo il tema del concorso per borse di studio consegnate sabato in maggio a Trapani, alla presenza delle maggiori autorità civili, religiose e militari. 500 persone – tra studenti, parenti e amici – hanno seguito gli annunci delle località che saranno intitolate a Triolo. Un busto dell’illustre trapanese, assieme a gigantografie, stendardi, annullo postale, intermezzi musicali, articoli e trasmissioni tv, ha arricchito l’evento. Il prof. Costanza, presidente della commissione esaminatrice, ha sottolineato come l’iniziativa abbia sensibilizzato i giovani delle scuole medie a riflettere sulle laceranti problematiche della pace e del sottosviluppo delle aree più povere del mondo.