Nagasaki, Francesco lancia un monito sul nucleare
La pioggia battente non ha fermato né papa Francesco né i testimoni della sua visita al luogo dove alle 11.02 del 9 agosto 1945 esplose la seconda bomba atomica lanciata sul Giappone, dopo quella che, tre giorni prima, aveva colpito Hiroshima. L’Atomic Bomb Hypocenter Park di Nagasaki racchiude l’esatto epicentro della deflagrazione ed una parte del muro della cattedrale resta a testimoniare la spettralità del luogo, vero monito alla follia umana. Qui nella notte italiana Francesco è venuto pellegrino per riflettere, pregare e lanciare un monito di pace al mondo.
La cerimonia è caratterizzata da un silenzio profondo scandito dalla pioggia battente. Qui tutti sanno che papa Francesco, uomo di pace, ha scelto questo punto per poter lanciare il suo messaggio sulle armi nucleari. È atteso e Bergoglio parla con solennità e fermezza, tradendo una voce accorata ma decisa. Il suo indirizzo è un invito alla riflessione sulle folli contraddizioni che questo luogo ci mostra: «Dolore e orrore che come esseri umani siamo in grado di infliggerci». Qui si tocca con mano quella che il papa definisce una ‘dicotomia perversa’. Da un lato, sta quel desiderio di pace e di stabilità che Bergoglio definisce «uno dei desideri più profondi del cuore umano». Dall’altra, il controsenso di quella corsa al possesso di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa che «non è la migliore risposta a questo desiderio». Senza dubbio, gli uomini e le donne di qualsiasi tempo della storia umana hanno sperato di vivere in un clima di pace e questa resta ancora oggi «l’aspirazione di milioni di uomini e donne in ogni luogo». L’impegno per realizzarla deve essere comune, collettivo e concertato, afferma il papa. Si tratta di impegnarsi in un’«ardua ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente». Non è una novità, questa, per la Chiesa Cattolica e Bergoglio tiene a citare l’enciclica della pace – Pacem in Terris – che Giovanni XXIII firmò nel 1963 al culmine della Guerra Fredda e nei mesi successivi alla tensione nucleare fra Usa ed Urss nella Baia dei Porci a Cuba. Il papa buono già allora aveva scritto che una «vera e duratura pace internazionale […[ può poggiare […] solo sulla fiducia reciproca».
Nel suo messaggio papa Francesco riconferma il ruolo e la posizione ‘irrevocabile’ della Chiesa cattolica all’impegno per promuovere la pace fra i popoli. Non si tratta né di un optional né di una scelta politica: «È un dovere per il quale si sente obbligata davanti a Dio e davanti a tutti gli uomini e le donne di questa terra». Il papa non vuole dimenticare l’impegno alla pace anche della piccola presenza cattolica in Giappone. Lo scorso luglio, infatti, i vescovi giapponesi hanno lanciato un appello per l’abolizione delle armi atomiche e ogni anno, nel mese di agosto (le due bombe furono gettate su Hiroshima e Nagasaki proprio in agosto) realizza un incontro di dieci giorni al fine di pregare per la pace. Nella seconda parte Francesco non tralascia di sottolineare l’impatto ambientale della corsa alle armi atomiche e invita tutti ad «una seria riflessione su come tutte queste risorse potrebbero essere utilizzate, con riferimento alla complessa e difficile attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e quindi raggiungere obiettivi come lo sviluppo umano integrale».
Avviandosi alla conclusione Bergoglio ritorna sul tema a lui caro della ‘fraternità’, una categoria fondamentale perché a fronte della follia nucleare si possa trovare la strada per costruire una vera «cultura della vita, della riconciliazione e della fraternità». Infine, coerente al nome scelto che disegna la road-map di un papato che si sta svelando nella sua coerenza anche in terra giapponese, dedica la conclusione alla preghiera per la pace attribuita a San Francesco d’Assisi.
«Fa’ di me uno strumento della tua pace», questo il messaggio che papa Francesco lascia al Atomic Bomb Hypocenter Park, ma che è rivolto al mondo. È una giornata interamente dedicata a questa riflessione – nel pomeriggio il papa sarà a Hiroshima – intercalata dalla visita al Monumento dei Martiri a Nishizaka Hill e dalla Messa celebrata nel grande stadio del baseball, momento forte per la comunità cattolica che qui ha il centro vitale della sua presenza nel Paese del Sol Levante. Ma è indubbio che il messaggio sulle armi nucleari resta al centro della giornata, lanciato dal punto dove 73.884 persone sono state uccise in pochi istanti ed altre 74.909 ferite con sofferenze spesso indescrivibili.
Chissà se questo monito lanciato da un papa che cammina sempre più barcollante e comincia a mostrare la stanchezza di un ministero difficile e speso senza risparmio di energie, potrà contribuire a cancellare questa ‘dicotomia perversa’ in cui ci troviamo a vivere ogni giorno.