Myanmar sull’orlo del baratro, le responsabilità di Russia e Cina
Quando in un Paese sta per esplodere una rivolta o una guerra, una delle prime cose che iniziano a scarseggiare sono i containers. Quando le aziende di trasporto e logistica internazionale come Maersk, Msc, oppure Oocl intuiscono che la situazione sta peggiorando in una certa nazione, iniziano a non inviare più container in quel Paese, per una semplice ragione: evitare i furti.
Un container vale, infatti, circa 3.800 dollari e rubarne uno o più è abbastanza facile. Sono utilizzati anche per farne case e rifugi, pertanto meglio tenerli al sicuro nei depositi, lontano dai ladri. Due mesi fa mi avevano avvertito: “Non si trovano container per spedire merce da Yangon: vuole dire che la situazione in Myanmar sta per precipitare”. E così è stato: dal primo febbraio ad oggi ci sono stati in Myanmar più di più di 900 morti tra le persone che manifestano contro il regime militare, quel regime che ha letteralmente rubato il potere al Paese. Centinaia di migliaia di persone sono attualmente disperse nelle foreste nel nord del paese per sfuggire al Tatmadaw (l’esercito che sostiene il regime) che non ha esistato a bombardare con potenti elicotteri da guerra (di fabbricazione russa) e carri armati (sempre tecnologia russa, ma anche locale) la gente nelle case.
Orribile, ma vero: cittadini scacciati dalle proprie case a colpi di cannone e di mortaio. Questo è il Myanmar oggi. Senza contare che scarseggiano, o meglio non si trovano proprio, i farmaci di base, come aspirina o paracetamolo (ne stiamo mandando un carico proprio in questi giorni). E non si trova ossigeno per i malati di Covid, perché i militari del regime non solo requisiscono le bombole che trovano nei centri medici e negli ospedali, ma chiudono anche gli impianti per la produzione di ossigeno. E arrestano i medici che hanno protestato contro il colpo di stato attraverso la disobbedienza civile. Questo, ufficialmente, per punire i nemici dello stato e per evitare il mercato nero dei farmaci e l’accaparramento dell’ossigeno, così essenziale per far fronte all’epidemia di Covid. Stiamo parlando di 4 mila positivi su 10 mila test-covid effettuati la scorsa settimana. Numeri da capogiro.
Ho amici e amiche in Myanmar: alcune di loro risultate positive, sono state rifiutate in ospedale per mancanza di posti letto, di medicine e di ossigeno. Nessun isolamento, semplicemente rimandate a casa. Per fortuna la carica virale non era forte, e se la sono cavata con una lunga quarantena. Ora stanno meglio.
Ma migliaia di persone muoiono ogni giorno, anche per strada (come a Bangkok, del resto) e nemmeno i templi buddhisti riescono più a cremare tutti i corpi che vengono raccolti. Molti giovani sono scappati da Yangon e si sono diretti, nei mesi scorsi, a nord, verso i territori kachin, ed anche verso il territorio karen a ridosso del confine con la Thailandia. I combattimenti contro i kachin, da parte del Tatmadaw, sono quotidiani, e questo preoccupa i cinesi.
Una notizia significativa riportata dall’agenzia Cna di Singapore afferma che la provincia cinese di Yunnan ha donato 10 mila vaccini contro il covid alle truppe del Kia (Kachin Indipendent Army). La frontiera fra Myanmar e Cina è “molto porosa” e i contagi in arrivo da sud sono in crescita da giugno. Ma non è l’unico problema per la Cina: una pessima immagine del Paese si sta diffondendo tra la popolazione del Myanmar, che boicotta i prodotti e le fabbriche cinesi.
La Cina è considerata dai birmani il principale sostenitore del regime, anche per i numerosi progetti di infrastrutture (dighe, porti e complessi industriali) che sono in procinto di attuazione in Myanmar. A detta di molti esperti della regione, però, la situazione attuale del Myanmar non favorisce gli interessi di Pechino. Con le fabbriche cinesi bruciate o boicottate dai lavoratori birmani; con centinaia di milioni di dollari investiti in precedenza (prima del colpo di stato) ed al momento bloccati dalla guerra, è difficile vedere un guadagno da parte della Cina ed un suo sostegno al regime militare.
La Russia, da decenni il più importante partner militare del Myanmar, sembra invece molto più interessata a sostenere il regime. Solo per fare un esempio: è del 21 luglio la firma di un accordo tra il capo della Rosoboronexport (Russian defence export) e i militari birmani. Continua anche l’addestramento di truppe del Tatmadaw in Russia e il generale Min Aung Hlaing è stato a Mosca per incontrare il Ministro della difesa Sergei Shoigu. Forte di questo importante alleato, Min Aung Hlaing ha cancellato con un tratto di penna le elezioni del novembre 2020, nelle quali Aun San Suu Kyi ed il suo partito avevano stravinto.
Ma c’è anche il rischio di una catastrofe umanitaria in Myanmar. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che almeno 18 milioni di birmani saranno a breve a rischio fame. Oltre al colpo di stato, alla rivoluzione, alla guerra civile e al Covid, tra poco anche le pioggie e le inondazioni infieriranno sui birmani. Non resta che pregare chiedendo che l’impegno di tanti apra nuove strade alla speranza.