Musica e politica
Il rapporto tra musica e politica, o meglio tra le canzoni e la realtà sociale circostante è sempre stato controverso e piuttosto ondivago. In America come in Italia. Certo è che ha costantemente seguito il mutare delle stagioni sociali, degli accadimenti, del vento che tirava intorno. Né, del resto avrebbe potuto essere altrimenti, visto che le une hanno sempre nutrito l’altra, e viceversa. Non fanno eccezioni questi nostri tempi globalizzati, in cui sempre più spesso il music-business sfiora – e a tratti addirittura s’interseca – con problematiche e contesti che gli erano rimasti sostanzialmente estranei per quasi trent’anni. Dopo le sbornie intimiste degli anni Settanta, l’edonismo imperante degli anni Ottanta, i meltingpot, le crisi e le mutazioni tecnologiche degli ultimi scampoli del Novecento, di nuovo la politica riaffiora imperiosamente sul mare magnum della musica di consumo: nel segno di una specie d’orgoglio pop-rock di nuovo smanioso di scendere in campo, e di lasciarsi contaminare da tutto ciò che lo circonda. Difficile dire se trattasi dell’ennesima intollerabile ingerenza della politica nella nostra quotidianità (arte compresa) o piuttosto il segnale di una rinnovata sensibilità della scena mediatica, artistica e culturale contemporanea. Forse entrambe le cose insieme. Ma qualcosa sta indubbiamente accadendo. E sta succedendo tanto nella nostra Italietta che s’arrabatta nei girotondi di un bipolarismo ancora acerbo, quanto – e ancor più – in America, alla vigilia delle elezioni più delicate e incerte del dopoguerra. Stiamo ovviamente semplificando molto, ma è impossibile non rilevare l’inversione di tendenza in atto: anche se non è dato sapere se essa finirà con l’estinguersi non appena superati gli imbuti elettorali. Nell’attesa di scoprire se anche le canzoni del prossimo Sanremo rispecchieranno le mutazioni in atto, tocca registrare la fine delle equidistanze sulla scena internazional-popolare. E il rock è ovviamente in prima fila, con i ritorni discografici dei Rem e degli U2, veri fiori all’occhiello della stagione in corso. Il gruppo di Michael Stipe è riapparso sui mercati con Around the sun (Cgd-Warner), album tanto morbidoso nei suoni quanto politico nei toni. Pur lasciandosi guidare da intuizioni prettamente poetiche, i Rem invocano cambiamenti radicali e si schierano decisamente a fianco di quanti non credono più agli slanci nazionalisti dei fronti conservatori. Non meno esplicito il ritorno della rock-band irlandese, in uscita in questi giorni. Fin dal titolo: How to dismantle an atomic Bomp (come disinnescare una bomba atomica). Sull’onda del singolo Vertigo, Bono Vox e soci accoppiano ruvidezze post-moderne a tematiche decisamente impegnative: cantano di religione e di guerra, esplorando gli stessi smarrimenti e le stesse inquietudini che s’agitano nel cuore di qualunque occidentale di oggi. Impossibile anche in questo caso non cogliere una rinnovata valenza del messaggio, dopo decenni di strapotere della forma: è la rivincita dei contenuti sull’estetica. E se i politici s’affannano a rincorrere l’appoggio delle star più acclamate (come Blair che ha ottenuto di poter utilizzare per la sua campagna elettorale i brani di Fat Boy Slim), sempre più spesso sono queste ad offrire il loro sostegno. Come sta accadendo in questi giorni in America con la clamorosa iniziativa di A vote for change un mega tour a favore di Kerry cui hanno aderito, oltre ai Rem, anche Springsteen, James Taylor, Ben Harper, i Pearl Jam e molti altri big. Per non dire della recente pubblicazione della compilation ispirata al controverso Fahrenheit 9/11 personalmente assemblata da Michael Moore, con performance firmate non solo da artisti più o meno apertamente schierati (come lo stesso Springsteen, Dylan, e Steve Earle), ma anche stelle del pop convenzionale come i Black Eyed Peas e le Dixie Chicks. Insomma, una cruenta battaglia è in corso, ovviamente senza esclusione di colpi. Più o meno bassi… CD NOVITÀ TIROMANCINO ILLUSIONI PARALLELE Virgin Federico Zampaglione (con l’aiuto del padre Domenico) guida il gruppo romano in un’avventura discografica dove un certo modernismo sonoro fa da sfondo a una poetica tutta giocata sulla profondità minimalista delle emozioni. L’incrocio è suggestivo, e molto tren DURAN DURAN ASTRONAUT Sony Sorpresa: la band simbolo del divismo pop degli anni Ottanta ritorna con un disco decisamente maturo e ben strutturato: pura energia pop-rock, ma priva delle antiche ridondanze. Dopo anni d’oblio per Simon Le Bon e compari tira aria di rivincita.