Musei gratis, le nuove regole
Musei gratis 20 giorni l’anno invece di 12, ma solo tra l’autunno e l’inverno, e biglietti a 2 euro per i giovani dai 18 ai 25 anni. Sono queste le misure principali del decreto varato dal ministro dei Beni culturali (Mibac), Alberto Bonisoli, che modifica le regole per accedere gratuitamente o a prezzo ridotto ai monumenti, ai musei e agli altri luoghi della cultura statali. Un provvedimento già pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, che entrerà in vigore dal 28 febbraio.
Non sono dunque state abolite le tanto criticate entrate gratuite previste per le prime domeniche del mese, che però saranno limitate al solo periodo compreso tra ottobre e marzo. Non, dunque, nei periodi estivi, di maggiore afflusso turistico. Prevista inoltre una settimana – in realtà saranno solo 6 giorni, dal 5 al 10 marzo – di ingressi gratuiti, anche se difficili da usufruire visto che si tratta di giorni di scuola e lavorativi, che – su indicazione del ministro – annualmente potrà cadere in date diverse, purché comprese nei primi tre mesi dell’anno.
Il decreto predispone inoltre altre 8 giornate di gratuità, a discrezione dei direttori dei vari enti. Una possibilità, in realtà, già esistente in passato, che adesso si potrebbe declinare in maniera diversa, in quanto le giornate potranno essere suddivise in ore da spalmare su più giorni, prevedendo per ciascuno delle fasce orarie ad ingresso gratuito.
Per i minorenni e per alcune tipologie di studenti, per i docenti di ruolo e i disabili resta la gratuità, mentre per i giovani dai 18 ai 25 anni invece dello sconto del 50% sul prezzo del biglietto, è previsto un ticket di soli 2 euro. Una misura che dovrebbe contribuire a riportare i giovani ei luoghi della cultura, dai quali – secondo i dati Istat -, sono per oltre il 50% assenti per un semplice “disinteresse”.
La campagna di comunicazione delle nuove misure sarà presentata dal ministro Bonisoli il 26 febbraio e bisognerà capire se riuscirà ad incentivare un settore vitale per il nostro Paese, particolarmente ricco di reperti archeologici, musei e altri luoghi di cultura. Attualmente, secondo i dati Istat pubblicati nei giorni scorsi, le regioni con più strutture museali (29% del totale) sono Toscana (528), Emilia-Romagna (482) e Lombardia(409). Oltre la metà del pubblico (53,8%) si concentra nei musei di tre sole regioni: Lazio (25,4%), Toscana (18,2%) e Campania (10,2%). Nel Mezzogiorno – terra che ospitò che le colonie della Magna Grecia – si concentra, però, oltre la metà delle aree archeologiche (50,8%).
A Roma, Firenze, Bologna, Milano, Genova, Torino, Napoli, Trieste, Venezia e Siena, si contano in media 52 musei per città. Roma, Firenze e Venezia da sole attraggono il 36,2% dei visitatori.
Due siti museali su tre (63,1%) sono di proprietà pubblica e, fra questi, ben 2.067 (il 42,3% del totale) appartiene ai Comuni. I musei e gli altri luoghi della cultura appartenenti al ministero sono solo 478 (9,8% del totale), ma attraggono quasi 53 milioni di visitatori (il 44,3% del totale). Un dato poco conosciuto è che meno della metà degli istituti italiani (47,9%) prevede l’ingresso a pagamento; mentre il 42,3% non ha alcuna entrata derivante dalla vendita dei biglietti. Di questi, solo uno su dieci è un sito statale.
Nel 2017 i musei, i monumenti e le aree archeologiche italiane hanno registrato oltre 119 milioni di ingressi, un’affluenza che, per il ministero, rappresenta un record storico assoluto. I visitatori paganti sono stati 67,1 milioni (oltre la metà): 57,8 milioni di persone hanno scelto i musei, 15,5 milioni le aree archeologiche e 45,8 milioni i monumenti. Un buon risultato, dunque, frutto dei provvedimenti precedentemente adottati, che si dovrà sperare di migliorare ulteriormente con questa parziale rimodulazione.