Muridi, Islam di pace
Bra, una cittadina in provincia di Cuneo, in pieno Roero terra dei famosi vigneti. Per un giorno la piccola comunità senegalese presente in città si è moltiplicata accogliendo diverse centinaia di connazionali musulmani con le loro famiglie proveniente da altre città italiane. C’è atmosfera musulmana, ma anche africana, con il mercatino allestito per terra all’esterno, volti dignitosi, gioiosi, puliti; donne regali nei loro magnifici costumi ricamati e colorati; diffuso e sincero spirito fraterno di accoglienza delle numerose delegazioni che, arrivando nel luogo di riunione, entrano solennemente in corteo cantando. Il palazzetto dello sport, messo a disposizione dall’amministrazione comunale e trasformato in moschea, risuona di canti religiosi, lettura di testi sacri, interventi significativi; ma soprattutto densi di preghiere prolungatesi durante tutta la notte. Eppure l’hanno chiamata festa, per il ricordo dei loro santi: i maestri spirituali da cui è nata la confraternita dei Muridi: Ahmadou Bamba e suo fratello minore Mame Thierno, nel giorno della fondazione della città di Darou Mousty in Senegal. Pochi i volti bianchi presenti il sabato sera, fra cui un gruppetto dei Focolari, ospiti speciali invitati a partecipare fraternamente alla festa. Vecchi amici, possiamo dire, tanto che l’accoglienza di molti si rivela più che calorosa. Il clima spirituale che aleggia ha messo subito gli invitati a loro agio, anche le uniche donne in mezzo a quattrocento uomini, visto che le loro mogli e figlie erano altrove a cucinare. Non si ha a che fare con un gruppo etnico, ma con un popolo, forse una nazione intera, dato che il programma raggiunge in diretta via radio tutto il Senegal e le comunità presenti in Europa, e ascoltato dallo stesso Presidente della repubblica. La protagonista fondamentale di tutta la giornata è comunque la preghiera. Abbiamo pregato con tutta la forza spirituale, per chiedere a Dio la pace, solo la pace. Ecco l’Islam – dice il moderatore dell’assemblea -. Tutto quello che si dice sui giornali e si vede in tivù è tutt’altro che Islam. Non può non colpire il modo intenso di pregare, con fede e raccoglimento. Noi preghiamo così, siamo fatti così – ci dice Ibrahim -. Ogni anno organizziamo questa festa, preghiamo insieme, condividiamo i pasti. E poi preghiamo non solo per noi, ma per tutti. Voi italiani dite che tutto il mondo è paese, e così pensiamo anche noi, e preghiamo per quelli di altri paesi. Se preghi per tutti, allora Dio ascolta le tue preghiere, e ti dà quello che chiedi, è facile ottenere . Il nostro maestro Cheik Ahmadou Bamba non ci parlava del male, ma solo del bene, della pace, e ci insegnava a seguire i detti di Dio: lavorare ed essere in pace, esorta Abdoul Lahad Sourang, console generale del Senegal venuto da Milano, invitando l’assemblea ad essere dovunque ambasciatori di questo messaggio, testimoniandolo con la vita e la serietà del lavoro. Ha parlato di dialogo con le altre religioni e culture, di pace nel mondo, collaborazione e fratellanza. Prosegue il console: Il Senegal, circondato da paesi pieni di problemi fra etnie, di guerre, vive in pace grazie a Dio e grazie agli insegnamenti dei nostri maestri. E invita anch’egli a pregare perché si risolvano i numerosi problemi della comunità immigrata in Italia: permessi di soggiorno, casa, lavoro. Di volontà di integrazione con la cultura italiana ha parlato Ibrahima Thiam, presidente della Federazione Mame Thierno, impegnata per la sopravvivenza culturale dei senegalesi in Italia, che significa far conoscere la propria cultura e insieme accogliere la cultura italiana. Gli ospiti speciali non faticano ad intervenire ricordando lo spirito di vera e concreta fraternità che li lega agli immigrati senegalesi, iniziata alcuni anni fa nel gruppo Amici di Marene con Livio Bertola e Mario Cosio in cui, a detta dei senegalesi, non ci si sente stranieri, e che sta portando come frutto iniziative di lavoro anche in Senegal (vedi Città nuova, n° 11/2004). È facile parlare di un Dio Amore di cui tutti siamo figli, dell’amicizia profonda con comunità musulmane sparse in molti paesi del mondo, e del nostro desiderio di continuare a camminare insieme nel rispetto reciproco e nel dialogo. Anche se non vogliamo, noi siamo fratelli, questa è la realtà, c’è un unico Dio e noi siamo tutti fratelli, dice con convinzione un musulmano. Non ha senso chiedere di quale Islam si stia parlando, perché l’Islam è sempre uguale, ed è una religione di pace – spiega Mamadou Dieg, esponente dell’Associazione senegalese di Bra e dintorni -; sono le persone che mutano, che interpretano gli insegnamenti del profeta Maometto e li usano per fini personali . È ricorrente quest’ affermazione, detta dalla piena del cuore, appena ci si sente ascoltati. Una cosa mi dispiace – così Ibrahim, un anziano e solenne musulmano che abita a Bergamo -: quelli che dicono di essere musulmani e poi usano violenza e fanno la guerra… Quelli non sono veri musulmani. Il musulmano vero è quello che vive le parole del Corano. Quando vedo la tivù mi viene da piangere, mi dispiace. Ma i volti si illuminano quando gli ospiti affermano la gioia di conoscerli, anche se si parla a fatica per il rumore dei canti e delle preghiere. Camminiamo insieme, fino in fondo, perché è molto importante incontrarci , dice un giovane. E un altro: Vogliamo vivere in pace, per la pace, e dobbiamo far vedere alla gente che siamo insieme. Una festa così non l’ho mai vista, perché non fa notizia. Dobbiamo far vedere che siamo insieme, italiani e senegalesi. Si avvicina un tecnico della radio: Sono arrivate tante telefonate dagli ascoltatori per dire il loro consenso a quanto hanno sentito, dice. Dobbiamo far incontrare le nostre culture , dice il presidente della associazione senegalese locale, mentre sul far della sera il palasport si riempie di nuovi arrivi. Poco prima della mezzanotte, ecco la cena per tutti: grandi contenitori con carne e insalata in un intingolo dal profumo esotico. Ci si dispone a gruppetti intorno e si mangia insieme, usando le mani. Donne e splendidi bambini compaiono. E il dialogo naturalmente continua. Mamadou, laureatosi in Francia in fisica, fa l’allenatore di basket, e il suo amico Babakar, anch’ egli laureato, fa l’operaio in una fabbrica. A me non serve che mi facciano la carità – dice Mamadou -, e nemmeno che mi diano casa e lavoro, mettendo però le mani avanti (hai ciò che hai chiesto, adesso non mi disturbare più). È questo invece che desidero: stare insieme a parlare come esseri umani, un’amicizia sincera come stiamo facendo adesso… Questo mi fa sentire persona e non uno spauracchio . PER LA PACE Il Muridismo (Mùridiyya), che significa andare verso Dio, rappresenta la confraternita musulmana principale del Senegal, (il popolo wolof). Si tratta di una forma di sufismo, basata sugli insegnamenti di Cheikh Ahmadou Bamba e di suo fratello minore Mame Thierno Buahim Mbacké, due maestri e capi religiosi ammirati e amati, vissuti a cavallo fra XIX e XX secolo, durante la colonizzazione francese. Essi professavano la pace e l’amore verso Allah, diffondendo uno stile di vita che attirò subito molti discepoli, armati del Corano e della vanga per lavorare la terra. In un tempo in cui molti erano i ribelli e quanti ambivano all’indipendenza, Ahmadou Bamba evitò più volte un bagno di sangue, rispondendo in modo pacifico alla supremazia francese e dando così una svolta decisiva alla storia del paese. Esilio e tribolazioni le affrontò con pazienza e mitezza. Il suo insegnamento è conosciuto attraverso i suoi numerosissimi scritti, in prosa e versi. Il fratello è invece ricordato in particolare per aver fondato Darou Mousty (ora una cittadina di circa 25 mila abitanti).Tutti i muridi si riuniscono ogni anno per un pellegrinaggio (detto il grande Magal) a Touba, dove pregano nella moschea, sulla tomba del fondatore, e ricordano i suoi insegnamenti. Questo lo scopo della celebrazione che ogni anno si svolge anche in Italia, sempre in una città diversa, a partire dal 1993.