Muore la cultura nel Belpaese?

Le dimissioni del numero uno dei Beni culturali e i tagli al mondo dell’arte e dello spettacolo sono prova della disattenzione della politica al nostro patrimonio e alla nostra identità
crollo casa dei gladiatori pompei

Dicono che abbiamo oltre il cinquanta per cento dei beni artistici del mondo. Ma sembra che a chi governa non importi molto. Chissà. Alcuni, certo, non amano la cultura. Non l’amava Goebbels ai tempo del nazismo, né il democristiano Scelba, e nemmeno Giulio Tremonti, visto i tagli cui l’ha sottoposta. Si sa, la cultura fa pensare. Soprattutto i giovani. I quali sono pericolosi, se pensano.

 

Un po’ di cifre. Tra il 2009 e il 2011 ci sono stati 216 milioni di tagli al Fus (Fondo per lo spettacolo). Il totale dei tagli al Ministero della Cultura dal 2008 al 2013 saranno in tutto 2, 8 miliardi in meno. Hanno protestato da tempo persone come Pollini, Riccardo Muti dal podio del “Nabucco” l’altra sera al romano Teatro dell’Opera, registi di cinema e teatro, gente che lavora nel mondo dello spettacolo. Tremonti non si scuote. Bondi parla di dimissioni. Lui,  sul quale sono caduti gli strali universali per non aver impedito il “crollo” di Pompei, la distruzione del paesaggio (quante lobby ci fanno affari…), le rapine quotidiane di opere d’arte (sono giunti anche a rubare le tessere dai mosaici di Piazza Armerina…).

 

Ieri si è dimesso Andrea Carandini, numero uno dei Beni culturali ,archeologo di fama mondiale. Dice che i soldi veramente spendibili sono 60 milioni che vanno distribuiti sulle 250 stazioni appaltanti del ministero. Cifre ridicole. Intanto, si ridimensionano drasticamente tutti i festival di cinema e di musica, oppure muoiono. Bruno Cagli, musicologo di fama internazionale e direttore di santa Cecilia, si è dimesso per protesta, pure lui. Quanto al cinema, il ministero dei Beni culturali, per motivi non proprio ideali, finanzia film ridicoli (a suo tempo anche quelli di un Tinto Brass, perché di “importanza nazionale”) e fa morire o dissangua le giovani leve che hanno qualcosa da dire.

 

Eppure, musei e mostre fanno il pienone di gente. E guadagnano: 30 milioni di euro la mostra di Caravaggio a Roma nel 2010…Qualcosa vorrà pur dire. Siamo amati nel mondo per la bellezza della nostra terra (quel che rimane) e della nostra arte. Perché qualcuno a tutti i costi vuole non tenere conto dell’identità italiana, che è stata unificata proprio dalla cultura – lingua letteratura arte…- prima ancora che dalla politica? Stiamo celebrando i 150 anni dell’unità del Belpaese. Sarebbe ragionevole che chi può pensasse a salvarlo, questo paese “bello”. Per dargli un futuro.

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