Greta Thunberg condannata per disobbedienza civile
A 5 anni dall’inizio degli scioperi scolastici per il clima, celebrati sui media, la giovane svedese si espone sempre di più ad azioni dirette contro le scelte dei governi in campo ambientale
Rappresenta un fenomeno ancora da indagare in profondità l’improvvisa attenzione mediatica sull’emergenza ambientale suscitata, prima dell’arrivo della pandemia da Covid, dalla protesta di Greta Thunberg, la giovane svedese che nel 2018, a 15 anni, iniziò solitariamente lo “sciopero scolastico per il clima” davanti la sede del Parlamento del suo Paese.
Quello che legioni di ambientalisti avevano ripetuto inutilmente in ogni salsa, tanto da suscitare incomprensioni e scherno, sembrò diventare una consapevolezza comune almeno nella sfera occidentale del Pianeta, quella cioè che fino ad adesso ha potuto godere i frutti di un modello di economia definito insostenibile per una Terra dalle risorse non infinite.
Molto ha inciso l’immagine di un movimento composto prevalentemente da adolescenti che hanno espresso una modalità creativa e colorata delle loro istanze, lontane dai toni apocalittici dei movimenti per l’ambiente fondati spesso come reazione a veri e propri disastri ecologici.
Una modalità che ha prestato il fianco a facili pratiche di greenwashing da parte di imprese e gruppi di potere in grado di presentare come svolte ecologiche delle prassi mimetiche.
Eppure la Thunberg ha sempre usato un parlare chiaro che poteva sconfinare con l’imprudenza concessa ai più giovani che non comprendono la fatica del passare dall’enunciazione dei valori teorici all’applicazione di misure politiche concrete in un mondo globalizzato segnato da una forte competizione economica.
Invitata ad intervenire alla conferenza dell’Onu sul clima del 2018, la giovane svedese ha avuto parole di dura condanna verso la cosiddetta classe dirigente rappresentata su scala planetaria per dire «voi parlate soltanto di proseguire con le stesse cattive idee che ci hanno condotto a questo casino, anche quando l’unica cosa sensata da fare sarebbe tirare il freno d’emergenza (…) Non siete abbastanza maturi da dire le cose come stanno. La sofferenza di molte persone paga il lusso di pochi. Se è impossibile trovare soluzioni all’interno di questo sistema, allora dobbiamo cambiare sistema (…) Voi dite di amare i vostri figli sopra qualsiasi altra cosa, eppure state rubando il loro futuro proprio davanti ai loro stessi occhi. (…) Non siamo venuti qui per supplicare i leader di agire. Ci avete ignorato in passato, e ci ignorerete ancora. (…) Voi avete finito le scuse, e noi stiamo finendo il tempo. (…) Il vero potere appartiene al popolo».
Non può sorprendere perciò il passaggio progressivo della Thunberg ad azioni dirette di disobbedienza civile che la espongono alle sanzioni dell’autorità costituite, attirando anche l’attenzione delle grandi agenzie di news che altrimenti difficilmente darebbero spazio a proteste di attivisti dell’ambiente che restano sempre contenuti nei numeri. Un fatto che induce a forme di proteste simboliche ma di forte impatto mediatico, come quelle adottate dal movimento Extinction Rebellion o dai militanti di Ultima generazione che rischiano pesanti condanne non solo pecuniarie, ma con effetti paradossali. Perché la logica dell’informazione prevalente conduce a mettere sotto i riflettori l’azione di protesta clamorosa ( il danno al decoro urbano) piuttosto che la questione ambientale nella sua attualità estrema.
Le immagini dell’agenzia Ap sono relative alle proteste che si sono svolte, a giugno, in Svezia nel porto di Malmö per impedire l’attracco di grandi navi legate al trasporto di combustibili fossili. Come riporta l’Agenzia Italia, l’attivista svedese, ormai ventenne, è stata ora sanzionata per aver disobbedito alla polizia durante la manifestazione. La Thunberg ha affermato di aver agito per necessità, citando il bisogno creato dalla “crisi climatica”. «Secondo me siamo in un’emergenza, e quindi la mia azione era legittima», ha detto l’attivista ai giornalisti dopo il processo. Il reato contestato può portare ad una pena massima di sei mesi di reclusione, ma di solito vengono comminate delle multe di qualche centinaia di euro.