Migranti tra Messico e Usa: accampati al confine, abbandonati a sé stessi
Alla vigilia della scadenza delle restrizioni Covid, c'è chi ha attraversato il fiume nella speranza di una vita migliore, chi è già dentro ma abbandonato a sé stesso. La difficile condizione dei migranti al confine tra Stati Uniti e Messico
Sono in migliaia accampati al confine tra Stati Uniti e Messico, da una parte e dall’altra della frontiera. Sul versante messicano si arriva attraversando un fiume, il Rio Grande, a gruppi stipati su piccoli materassini, scalando gli alti argini fangosi e pungenti di filo spinato. Tutto pur di raggiungere il confine entro giovedì, quando scadrà il Title 42, la misura sanitaria d’emergenza introdotta da Trump durante la pandemia che prevede l’immediata espulsione degli immigrati illegali provenienti dal Messico.
Il Rio Grande attraversa le due città texane di El Paso, a nord, e Brownsville, più a sud, dividendole dalle speculari città messicane Ciudad Juarez e Matamoros. I ponti di collegamento sul fiume sono crollati e la terra promessa oggi si raggiunge a nuoto, costi quel che costi. Ci si accampa in attesa che il Custom and Board Patrol, il servizio d’ordine americano con funzione di polizia di frontiera e controllo doganale, li accetti sul suolo americano.
Ultimamente sono stati respinti circa 30.000 migranti, per la maggior parte in fuga da Haiti, Cuba, Honduras e Venezuela. Ci sono voli per riportare nel proprio Paese chi è stato respinto, ma solo se il Paese in questione accetta di riprendersi i propri cittadini, cosa che ad esempio non fanno Venezuela e Cuba. Così, chi aveva tentato di entrare illegalmente rimane sospeso in un limbo tra Usa e Messico senza far parte di nessuno dei due. Fino a data da destinarsi.
Sul versante americano, chi è già accampato a El Paso o Brownsville non se la passa meglio: la gestione delle frontiere e dei relativi centri di smistamento che ospitano i migranti è gestita dal governo; visto che i centri sono pieni, gli immigrati una volta accettati vengono abbandonati a loro stessi, non hanno un posto dove andare e rimangono lì, in condizioni di vita precarie, in attesa di trovare un qualche posto negli States dove sistemarsi. (AP Photo via LaPresse)