Silicon Valley Bank, il fallimento che quasi tutti non hanno visto arrivare
Lo strano caso del più grande fallimento di una banca a stelle e strisce negli Stati Uniti dalla crisi finanziaria del 2008. Incertezza sugli effetti a catena
Come riporta l’agenzia Agi «l’improvviso fallimento della Silicon Valley Bank (Svb), chiusa dalle autorità americane, ha portato caos e panico nel settore bancario, con i mercati che si interrogano sulle conseguenze del più grande fallimento di una banca a stelle e strisce negli Stati Uniti dalla crisi finanziaria del 2008».
Svb era la 16esima banca americana per dimensione di asset: a fine 2022 contava 209 miliardi di dollari di asset e circa 175,4 miliardi di depositi, ma, come osserva Valentina Neri sul sito della fondazione di Banca etica, «al di fuori della cerchia delle startup californiane, in pochi avevano sentito parlare di Silicon Valley Bank, meglio nota come SVB. Fino al 9 marzo, giorno in cui il valore delle sue azioni è sprofondato del 60% trascinando con sé i titoli di altre grandi banche statunitensi ed europee».
Contrariamente alla narrazione comune il fallimento della Svb dovrebbe farci capire, sottolinea Andrea Baranes, che la finanza non è affatto una scienza esatta «guidata da modelli statistici ed econometrici sempre più complessi e sofisticati, in grado di guidare con precisione matematica le scelte di investimento. La crema delle migliori università, assieme a eserciti di esperti, analisti, commentatori vengono arruolati per applicare e interpretare tali modelli. Che hanno (quasi) tutti sonoramente fallito».
O meglio quasi tutti non hanno visto arrivare la crisi. Baranes non può non far notare che «il presidente e amministratore delegato di SVB che il 26 febbraio, un paio di settimane prima del fallimento, vendeva poco più di 3,5 milioni di dollari di azioni della stessa SVB. Un comportamento seguito da altri top manager della stessa banca».
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