Guerra e mancanza di cibo, allarme Coldiretti
L’associazione degli agricoltori italiani analizza le quotazioni mondiali del Chicago Board of trade, punto di riferimento per le materie prime agricole e fa sapere che le industrie della pasta e del pane lamentano la carenza di scorte
Coldiretti, la grande associazione degli agricoltori italiani, lancia l’allarme: «sale ancora il prezzo del grano e raggiunge i massimi dal 2008 su un valore di 37,5 centesimi al chilo». Se anche si registra l’aumento delle «quotazioni di mais e soia che stanno mettendo in crisi l’alimentazione degli animali nelle stalle», a preoccupare sono le industrie della pasta e del pane lanciano l’allarme scorte.
Il collegamento con la guerra in Ucraina è evidente e le considerazioni della Coldiretti sono il frutto di un’analisi «sulle quotazioni mondiali al Chicago Board of trade, punto di riferimento per le materie prime agricole».
L’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais per l’alimentazione del bestiame. L’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano.
I numeri si fanno preoccupanti per gli allevatori italiani che, come analizza Coldiretti, «devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili».
Ma perché ci troviamo in queste condizioni?
Secondo l’organizzazione degli agricoltori, il nostro Paese deve «importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti».
Una realtà quindi nota da tempo e che va affrontata alla radice se non si vuole far pagare la scelta scellerata della guerra alle fasce più povere della popolazione con effetti imprevedibili a livello sociale.
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