Testimoni di pace nella guerra dimenticata del Congo
Il dono della vita dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, dentro un contesto di guerra che non possiamo più ignorare. Intervista a Maurizio Simoncelli, esperto di Iriad, e la testimonianza dell’avvocato congolese Joseph Nzimbala, raccolta dal Centro La Pira di Firenze
Una luce nella notte. Sono numerose e destinate ad aumentare le testimonianze, piene di stima e gratitudine, su Luca Attanasio, ambasciatore della Repubblica italiana, colpito a morte il 22 febbraio 2021, in Kivu, regione a Nord della Repubblica democratica del Congo, assieme al giovane carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo. I tre era in viaggio per portare a termine un’operazione umanitaria a favore della popolazione stremata da una guerra che dura da decenni ed è il frutto di lungo termine della colonizzazione belga e poi dello scontro tra grandi gruppi transnazionali per il controllo delle preziose materie prime presenti nel Paese.
La presenza dell’Italia in questo caso rende onore ad un legame che tiene assieme il livello istituzionale con quello della società civile e responsabile, a cominciare dai numerosi missionari che continuano a dare la vita concretamente per un mondo più fraterno. Le ultime immagini giunte sull’ambasciatore prima della sua fine prematura, sono quelle dell’incontro con i religiosi saveriani molto attivi in quella part dell’Africa.
Dal centro internazionali studenti Giorgio La Pira di Firenze, è arrivata la testimonianza, raccolta dal direttore Maurizio Certini, di Joseph Nzimbala, ora avvocato ed ex studente a Firenze: «Luca Attanasio, ambasciatore d’Italia in Congo era una persona perbene; era una grande persona.
Nel ruolo di diplomatico era molto riservato e molto prudente. La sua presenza in Congo, ha fatto acquistare all’Italia una diffusa importanza. Era sempre vicino alla gente, molto sensibile alla sofferenza dei poveri, al dolore di coloro che sono gli ultimi. L’ho visto tante volte togliersi la giacca e andare ad aiutare i bambini di strada. Parlava loro con gentilezza, con pazienza, dava loro il cibo. Con la moglie Zakia, sosteneva molto i bambini.
Ho visto Luca pagare di tasca propria le rate scolastiche ai figli di chi non aveva possibilità. È venuto due volte a trovarci nella foresta, per visitare le scuole che, con progetti e aiuti di amici italiani, siamo riusciti a costruire. Anch’egli aiutava queste scuole. Ed era molto, molto attento alle fatiche delle donne che vanno a cercare l’acqua lontano dal villaggio, e alle sofferenze dei bambini costretti a bere acqua sporca.
Luca Attanasio, come ambasciatore faceva di tutto per rappresentare al meglio l’Italia, e andava ovunque per prendersi cura degli italiani. L’ho visto a più di 700 chilometri dalla capitale. Sempre attento a non rischiare e a non far rischiare altri inutilmente, era venuto nel Bas Congo per l’inaugurazione di una piattaforma, costruita con un appalto vinto da una società italiana. Era lì per incoraggiare i lavoratori italiani, per non farli sentire soli. Era lì per dire che l’Italia era presente e che sosteneva i suoi imprenditori.
Era lì per dire a tutto il Congo che l’Italia era attenta al Paese, interessata allo sviluppo economico della Regione, che desiderava collaborare con il proprio lavoro e con la propria tecnologia.E vedendo che l’ambasciatore italiano era così presente nel sostenere i suoi concittadini, la gente ha rispetto e ama questi italiani. Luca Attanasio era un vero diplomatico e una grande persona che sapeva promuovere gli interessi dell’Italia e degli italiani, amando i congolesi come suoi familiari.
È andato a morire, insieme al caro Vittorio Iacovacci, vittima di un attacco veramente ignobile e triste, andato in quella zona del Kivu come un martire per il bene dell’Italia e dei congolesi. Ecco, un ambasciatore che in ufficio sapeva indossare bene la sua giacca, e che sapeva anche mettere le scarpe giuste per scendere nel campo e sporcarsi per conoscere da vicino le cose, condividere, sostenere, aiutare tutti».
Come attenzione a questo rapporto diretto e partecipe con la popolazione congolese è, quindi necessario, proprio seguendo un tale esempio solare di vita data in dono, non rimuovere lo sguardo verso un conflitto che ha le sue cause e responsabilità. La contesa geopolitica sull’accaparramento delle risorse minerarie e naturali di quella parte del continente africano è direttamente collegata con il nostro modello di sviluppo, anche quando questo si vuole presentare con una verniciatura ambientalista.
Abbiamo perciò chiesto, in questa intervista video, un primo approfondimento sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo, a Maurizio Simoncelli, cofondatore dell’istituto di ricerche internazionali Iriad, autore per Città Nuova del testo “Terra di conquista. Ambiente e risorse tra conflitti e alleanze”.
Qui una scheda Paese di Iriad dedicato al conflitto in RD Conngo