Giovani, lavoro e governo Draghi. Ragioni per un dialogo
Il video integrale del confronto, promosso da Città Nuova, tra i giovani di Comunità di Connessioni e quelli di Kritica economica davanti alle scelte del possibile governo Draghi in via di formazione
Lavoro per una buona occupazione. Pensiamoci bene. La peggiore ideologia è quella di accusare l’interlocutore di essere ideologico, cioè con idee preconfezionate e fuori dalla realtà. Provare a dialogare nel merito delle questioni è, invece, un esercizio necessario per non fermarsi a giudizi superficiali e indotti dal tipo di informazione prevalente.
Di economia vera, quella macro, che determina la vita delle persone e delle comunità, ne sanno davvero in pochi. Di finanza, poi, come dice l’economista Becchetti, una estrema minoranza, una specie di conoscenza esoterica, incomprensibile ai più. Eppure gli scenari internazionali come il prezzo della spesa quotidiana sono determinati dalle idee che finiscono per prevalere nella composizione dell’ordine o disordine del mondo.
Perché in Italia abbiamo una così alta disoccupazione giovanile? Come mai sono un numero esorbitante quelli che neanche cercano lavoro e neanche studiano? Sono domande che ci trasciniamo da tempo con analisi e soluzioni diverse mentre la “meglio gioventù” è indotta a fare il ciclofattorimo per consegnare la merce in bicicletta o moto, rispondere nei call center facilmente delocalizzazibili o bussare la porta alle megapiattaforme logistiche che Amazon sta aprendo in tutto il Paese. In mancanza di alternative si resta incastrati nella trappola della precarietà, dei “lavoretti” che bisogna mantenere ad ogni costo di fronte alla crisi della manifattura e al blocco delle assunzioni nel pubblico.
L’emergere della pandemia ha rotto gli argini del patto di stabilità e ha permesso di varare un piano strutturale europeo di lungo periodo ( Next generation Eu) che associa la buona occupazione con la non più rimandabile transizione ecologica. Sulla gestioni dei fondi europei disponibili per realizzare questa sfida si è consumato uno scontro politico irrisolvibile tra visioni diverse. Con i giorni contati verso la scadenza della redazione, e presentazione in Europa, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il presidente Mattarella ha incaricato Mario Draghi di formare un governo di emergenza nazionale che dovrà fare delle scelte ben precise. Quali saranno? Draghi conosce come pochi le grandezze macroeconomiche, il meccanismo dei mercati e gli interlocutori internazionali. Non esistono, tuttavia, soluzioni astrattamente tecniche. E il criterio della centralità della persona umana può essere agitato come un artificio retorico oppure incidere nei numeri e nelle leggi secondo declinazioni diverse.
Il dialogo proposto tra due realtà di giovani che l’economia cercano di conoscere e approfondire, serve a capire meglio il confronto nella società oltre che nei tavoli delle trattative di governo.
Nel dibattito sollecitato tra Comunità di connessioni e Kritica economica emerge un’attenzione condivisa verso il bene comune ma con risposte diverse tra loro. A cominciare dal ruolo che lo Stato deve assumere in questo momento di grave crisi, fino alle regole del jobs act e al sistema delle agenzie interinali.
Un buon confronto tra persone aperte ad un vero dialogo che deve continuare dopo la definizione assai probabile del nuovo esecutivo: il programma che ne uscirà e le decisioni immediate verso quella bomba sociale costituita dalla fine del blocco dei licenziamenti che dovrebbe consumarsi a fine marzo 2021.
Centinaia di migliaia di persone e famiglie esposte all’insicurezza più estrema, nel pieno di una pandemia che non accenna a recedere. Una tragedia di dimensioni potenzialmente bibliche come ha detto lo stesso Draghi a marzo 202o per definire questa crisi.
In quell’intervento sul Finacial times, l’ex governatore della Bce ha sottolineato la necessità di «un cambiamento di mentalità, al pari di quello operato in tempo di guerra. La crisi che stiamo affrontando non è ciclica, la perdita di guadagni non è colpa di nessuno di coloro che ne stanno soffrendo. Esitare adesso può avere conseguenze irreversibili: ci serva da monito la memoria delle sofferenze degli europei durante gli anni Venti». E noi, in Italia, sappiamo bene cosa ci hanno portato quegli anni Venti del secolo scorso.