Columbus day e il senso della memoria collettiva
Gli Usa di Biden introducono l’Indigenous Peoples’ Day accanto alla festa del Columbus day. L’occasione per andare all’origine di una festa nata come atto di riparazione per le violenze e discriminazioni subite dagli immigrati italiani e superare il tentativo di una contrapposizione che ostacola la purificazione di una memoria condivisa
Abituati a vedere il Columbus day come una manifestazione dal tono folcloristico e bonario degli italiani negli Usa e in particolare a New York, può sembrare strano il movimento ormai diffuso che chiede l’abbattimento delle statue che rappresentano il famoso navigatore genovese conosciuto come lo scopritore, il 12 ottobre 1492, del nuovo Continente chiamato in seguito America dal nome dell’esploratore e cartografo fiorentino Amerigo Vespucci.
Dal 2021 per decisione del presidente Joe Biden il secondo lunedì di ottobre, che cade intorno al giorno della “scoperta”, sarà dedicato anche ai nativi, cioè alle popolazioni esistenti su quelle terre prima dell’arrivo degli europei che si sono contraddistinti per una vera e propria politica di sterminio. Indire quindi l’Indigenous Peoples’ Day è un atto di riparazione e di giustizia. Può rappresentare, come afferma Biden, l’occasione per ripensare alla «dolorosa storia di torti e atrocità che molti esploratori europei hanno inflitto alle nazioni tribali e alle comunità indigene». Ma il presidente statunitense è giustamente attento a non creare contrapposizione con la vasta comunità di italo americani che celebrano la propria identità in questo giorno di ottobre. Ed è infatti paradossale che l’occasione per fare chiarezza sulla storia di una nazione e di un continente prenda di mira non l’élite anglosassone, precisamente Wasp (White Anglo-Saxon Protestant), che da sempre hanno governato gli Usa, ma una popolazione come quella italiana che ha subito discriminazione e disprezzo nella sua storia fatta di immigrazione forzata di massa.
La stessa origine del Columbus Day riporta ad un atto di riparazione deciso dal presidente Harrison dopo il linciaggio di 11 immigrati italiani avvenuto a New Orleans il 14 marzo 1891 da parte di migliaia di cittadini statunitensi guidati da esponenti del ceto sociale elevato di una città dove il sindaco del tempo, tale Joseph Shakespeare, definiva questi immigrati, precisamente siciliani, come «individui più abietti, più pigri, più depravati, più violenti e più indegni che esistono al mondo, peggiori dei neri e più indesiderabili dei polacchi».
Sulle violenze subite dagli italiani, lavoratori sfruttati e trattati come schiavi, ha scritto un poderoso affresco Enrico Deaglio (Storia vera e terribile tra Sicilia e America) narrando il contesto di un altro linciaggio, avvenuto nel 1899, di cinque siciliani immigrati da Cefalù uccisi dalla folla a Tallulah dello stato della Louisiana.
Una storia che aiuta a meditare il nostro tempo e l’urgenza di costruire rapporti di fraternità e accoglienza, nella giusitizia, per non cadere nella barbarie.
Foto storiche di Ap sulla festa del Columbus day Fonte Wikipedia per iconografia di Colombo e ricostruzione del massacro di New Orleans del 1891