Europa

Rotta balcanica e umanità, oltre l’indignazione

Rotta balcanica e diritti umani violati. Di cosa si è parlato nel collegamento promosso da Città Nuova il 29 gennaio 2021. Il caso dei riaccompagnamenti forzati dall'Italia

Rotta balcanica e umanità. Quelle persone confinate al gelo nella landa del cantone bosniaco confinante con la Croazia chiamano in gioco la nostra umanità? È possibile affrontare questa emergenza prevista e prevedibile in una parte dell’Europa che non vediamo e non vogliamo vedere?

A queste domande ha cercato di dare risposte il collegamento proposto da Città Nuova il 29 gennaio 2021, data che segna la partenza di una missione sul posto da parte di alcuni parlamentari europei tra i quali Pietro Bartolo, il famoso medico dell’isola di Lampedusa eletto a Strasburgo e con il quale è stato promosso un collegamento sul web il 5 gennaio, la vigilia dell’Epifania. Per tutto il mese di dicembre 2020 il quotidiano Avvenire ha riportato le cronache di quella che viene definita la “Rotta della vergogna”, migliaia di persone che scappano al controllo turco, pagato dai soldi della Ue, per infrangersi sul muro del confine della stessa Unione europea. Come afferma Bartolo, «nonostante il freddo, la neve, i muri, i fili spinati, le mine antiuomo, queste persone continuano a muoversi, a pretendere un futuro decente».

È intollerabile che vengano sottoposti a violenze e sevizie, in campi che non sono attrezzati nonostante i soldi spesi dalle casse europee, ma non possiamo pensare di risolvere il problema scaricando la questione ad un Paese come la Bosnia Erzegovina che vive tuttora le conseguenze di una feroce guerra dimenticata. Un conflitto devastante nato sui territori che fecero da innesco alla prima guerra mondiale, alla caduta di imperi ed egemonie geopolitiche ancora in fase di assestamento.

Occorre un nuovo patto sulle migrazioni a livello europeo per affrontare un fenomeno di lungo periodo. L’immagine dell’invasione e della progressiva sostituzione etnica, culturale e religiosa, genera un clima di paura che rischia di atrofizzare lo sguardo di fraternità verso chi è in pericolo e abbandonato.  L’Europa che ha trovato un accordo per far fronte all’emergenza del Coronavirus, e alle sue drammatiche conseguenze sociali, non riesce ad uscire fuori dalla contraddizione di politiche migratorie basate sulla logica del sospetto e dello scaricabarile.

La missione dei parlamentari europei serve a capire gli errori finora commessi e come prestare aiuto concreto. Ma pezzi di società presente nelle varie regioni si sono già mossi per raccogliere coperte, cibo e ogni cosa necessaria per alleviare le sofferenze di questa varia umanità che preme alle nostre porte. In poco tempo si sono riempiti magazzini e camion, tanto che le ong presenti sul posto chiedono ora di inviare solo contributi economici da spendere sul posto, anche per sostenere l’economia locale.

Eppure in questo caso non ci troviamo davanti a un disastro dovuto a cause naturali come il terremoto che ha colpito la vicina Croazia. Quelle persone lasciate al gelo sono la diretta conseguenza del nostro mancato impegno politico. È quello che ha capito il Movimento politico per l’unità, a livello italiano e internazionale, non potendo restare indifferente davanti alla negazione della fraternità. Oltre i proclami, bisogna agire per incidere sulle scelte sociali e politiche. Dialogare con tutti in nome della comune umanità senza timore di prendere posizione da parte degli oppressi.

Oltre a prestare soccorso immediato, vigilare sul rispetto dei diritti umani e cambiare le politiche europee sulle migrazioni, occorre affrontare la questione dei “riaccompagnamenti forzati” che avvengono al nostro confine orientale. L’accusa formalizzata da molte organizzazioni, e nel collegamento di Città Nuova del 5 gennaio da Gianfranco Schiavone di Asgi, riguarda la violazione del diritto d’asilo riconosciuto dalla nostra Costituzione. In tal senso si è espressa un’ordinanza del tribunale di Roma del 18 gennaio 2021 che con riferimento al caso di un immigrato pakistano accompagnato con la forza sul confine sloveno per poi essere espulso in Bosnia, ha dichiarato che tale “riammissione” «non si può mai applicare nei confronti di un richiedente asilo senza nemmeno provvedere a raccogliere la sua domanda, con una prassi che viola la normativa interna e sovranazionale».  Per il giudice si tratta di una violazione dello «stesso contenuto dell’Accordo bilaterale con la Slovenia» invocato dal ministero dell’Interno nel caso concreto.

Se, come detto, si tratta di una questione di umanità che travalica posizioni di parte, la violazione aperta dei valori costituzionali non può essere omessa per ragioni di convenienza politica, di scelta, cioè, del “male minore” tra ministri degli Interni di differenti coalizioni. L’ordinanza del tribunale romano pone in evidenza un concetto chiaro: «Il riaccompagnamento forzato incide sulla sfera giuridica degli interessati quindi deve essere disposto con un provvedimento amministrativo motivato impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria»”.

Il video sul canale youtube di Città Nuova riporta gli interventi integrali di Nicole Corritore, giornalista esperta dell’autorevole Osservatorio Balcani e Caucaso, Nico Piro, inviato Rai nei luoghi di conflitto del mondo come dice egli stesso per “dare voce a chi non ha voce”, la testimonianza concreta della solidarietà, da Trieste al Piemonte, di Anna Maria Faralli e Maria Nosengo, nonché l’impegno all’azione politica, sul versante italiano ed europeo, da parte di Silvio Minnetti, Alfio Di Pietro e Mario Bruno.

Un cammino comune per andare avanti con concretezza oltre l’indignazione e la pietà.

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