Ogni giorno (e ogni Paese) la sua protesta

Thousand of Moroccan teachers shout in front of the Moroccan Parliament during a protest and the latest outbreak of anger at low-wage, temporary teaching contracts in Rabat, Morocco, Sunday March 24, 2019. The protesters demand respect for their profession and higher wages.( AP Photo/Amira El Masaiti)

La democrazia è il sistema di governo più diffuso nel mondo. Uno dei suoi pilastri è la libertà di espressione, e quindi di protesta pacifica (o meno). È quindi scontato che ogni giorno tante piazze nel mondo siano invase da persone che protestano per le più varie ragioni. Negli ultimi giorni, tra le tante, si sono svolte le seguenti manifestazioni: in Algeria gli avvocati contro il rinnovo del mandato al presidente Bouteflika, a Belgrado gli ultranazionalisti contro la Nato che 20 anni fa bombardava la Serbia e altri manifestanti contro il presidente populista Aleksandar Vucic, in Spagna i Baschi contro la condanna per terrorismo di alcuni attivisti ad Alsasua dopo una “rissa da bar”, in Marocco gli insegnanti per il rispetto del loro mestiere, in Giappone canoe e piccole imbarcazioni contro il trasferimento della base aerea Futenma dell’esercito americano a Ginowan City (isola di Okinawa), in Usa gruppi pro e contro Trump dopo la consegna del rapporto Muller, a Podgorica in Montenegro cittadini per le dimissioni del presidente di lunga durata Milo Djukanovic, in Francia i gilet gialli contro Macron, in Argentina i cittadini in difesa della vita contro la proposta di legge sull’aborto, infine a Londra un milione di persone contro la May per un secondo referendum sulla Brexit. E si potrebbe continuare… Naturalmente non arrivano notizie di questo tipo dai Paesi senza democrazia (ad es. la Cina) o da quelli senza libertà di stampa. (Foto AP)

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