Multiculturalismo, sì o no
Un lettore ci interroga.“Città Nuova” ha un basso profilo politico quando parla di immigrazione e integrazione? Dialogo non è buonismo!
«Resto perplesso di fronte a questo titolo: “A scuola di multiculturalità”. Cosa significa, veramente? Vogliamoci bene, amiamoci a vicenda? D’accordo, ma con questi slogan non si esaminano i problemi nel loro vero spessore: nessuno mette in dubbio che l’unità sia un bene, eppure persino gli ambientalisti cercano la varietà delle specie come un’inestimabile ricchezza. La difesa delle singole identità locali, delle piccole patrie, oggi, nell’era della globalizzazione planetaria potrebbe risultare un imperativo categorico altamente etico! Purtroppo, come del resto è stato rilevato da altri lettori, Città Nuova persegue sovente un basso profilo politico, pur essendo per contro assai stimolante quando tocca temi di elevata cifra spirituale.
Il Movimento dei focolari è nato dal nulla solo circa 70 anni fa e la rivista è diffusa in 36 Paesi: un risultato senza dubbio prodigioso! Eppure, in quanti Stati ancora non arriva! Quanti sono quelli a maggioranza musulmana? Parecchi. Ebbene, Città Nuova arriva solamente in Pakistan! In questo momento, conviene la prudenza su certi temi: Angela Merkel, la persona più potente della nostra Unione europea, ha sentenziato di recente che “il multiculturalismo è completamente fallito”».
Tiziano Guastoni
Caro Guastoni, grazie della sua lettera. Certamente pare strano parlare di multiculturalità quando se ne suona il De profundis un po’ ovunque, in Germania, in Francia e in Inghilterra. Ne abbiamo già parlato più volte. Conveniamo con lei che vi sia un profondo malessere in Europa attorno a tutto quanto riguarda l’immigrazione, soprattutto islamica, e l’integrazione, che pare fallire ovunque.
E noi su queste pagine di carta o web continuiamo a parlare di multiculturalità? «Siete retrogradi», pensano certamente in molti. Ma… mi permetta:
1) non si può negare che i numeri stanno dalla parte di chi prevede una progressiva presenza multiculturale, multietnica e multireligiosa nel Vecchio Continente. Non c’è nulla da fare per invertire la tendenza. Si potrà rallentare il ritmo, ma la tendenza è unanimemente riconosciuta da tutti gli osservatori statistici.;
2) non si può negare che l’integrazione vada in ogni caso ricercata. Non avverrà più – pare certo anche questo – attraverso modelli che sembrano falliti miseramente, come l’assimilazione alla francese o l’affiancamento culturale alla tedesca o all’inglese. Ma l’integrazione va cercata in ogni caso, dalla politica in primis, per evitare la deflagrazione di visioni del mondo radicalmente diverse, con conseguenze imprevedibili ma in ogni caso drammatiche.
3) non si può negare, lo ammetto, che la multiculturalità (o forse piuttosto l’interculturalità, cioè la reciproca accettazione delle culture, se non addirittura la transculturalità, cioè l’avvicinamento progressivo di culture che si rispettano e che si integrano) sia faticosa, e comporti negoziazioni e compromessi. Per ottenerla stabilmente, serve una gran capacità di dialogo reciproca, che non vuol dire buonismo (cioè cedimento alle richieste altrui), né sincretismo (cioè cercare improbabili sintesi culturali fifty fifty), né irenismo (cioè credere che tutto si risolverà con un colpo di bacchetta magica). Il dialogo richiede fatica e fortezza, comporta dei sì e dei no, e implica di non cessare mai d’ascoltarsi e di cercare di capirsi. Anche nella scuola dell’Esquilino visitata dalla nostra Maddalena Maltese. Anche nei campi profughi del Sud. Anche nelle periferie urbane del Nord.
Un dettaglio, mi permetta ancora: un’edizione di Città Nuova esiste anche in lingua araba (redatta e stampata in Libano), e viene distribuita in una dozzina di Paesi a maggioranza musulmana. In altri Paesi musulmani, come l’Indonesia, vengono diffuse copie delle edizioni in inglese: filippina, britannica o statunitense). E comunità dei Focolari esistono, in pratica, in tutti i Paesi musulmani. Non è facile viverci, è vero, ma la profezia non gode di successi immediati, se non molto raramente.