Multe miliardarie per le grandi banche
Li hanno colti con le mani nel sacco. Due volte nel giro di poco tempo. Chi? I soliti noti: J P Morgan Chase, Citigroup, Barclays, Rbs, Ubs. Per anni hanno manipolato i tipi di cambio, formando un cartel all’interno del quale si comunicavano in codice per far soldi, a palate, con le differenti divise. Finiranno in galera? No, perché hanno ammesso la loro colpa ed hanno tirato fuori il portafogli. Concilia? Quanto? Ed hanno pagato 5,7 miliardi di dollari di multe. A novembre, le stesse banche, insieme a Deutsche Bank, Bank of America e HSBC erano state accusate di manipolare i tipi di interesse di riferimento internazionale (Libor). Ed anche in quel caso, hanno tirato fuori il portafoglio. Quanto? Altri 6,7 miliardi di dollari. Si, state leggendo bene. Più di 12 miliardi di multe nel giro di sei mesi pagati alle autorità statunitensi, britanniche ed europee. Qualcuno ha collaborato immediatamente autodenunciandosi per la questione dei tipi di cambio, Ubs, ammettendo la propria colpa solo nel caso dei tipi di interesse.
Comunque, non c’è da preoccuparsi: le banche non resteranno esangui. Qualcuna aveva già messo da parte più di 3 miliardi e mezzo prevedendo multe e spese per l’inchiesta in corso, perché se si aggiungono anche quelle si arriva ai 18 miliardi di dollari. Ma se calcoliamo che manipolando lo 0,01 per cento sui tassi di interesse si ottengono in media 80 miliardi l’anno da spartire tra i vari grandi operatori finanziari, le multe applicate sono appena uno scappellotto e un “non lo fare piú”… anche se è da anni che continuano a farlo: Wall Street a partire dallo scandalo per i titoli subprime (per intenderci, la miccia che ha innescato l’esplosione dell’economia globale provocando la crisi nella quale si é ancora immersi) ha applicato, a partire dal 2009, multe per 130 miliardi di dollari (altri stimano 150 miliardi). Quasi la metà, 60 miliardi, li ha sborsati Bank of America, tra patteggiamenti, multe e rimborsi. JP Morgan la segue con sanzioni per 27 miliardi, di cui la metà in un solo procedimento applicato lo scorso anno. Ragioni per avere almeno il dubbio se i colpevoli hanno appreso la lezione ce ne sono.
Ci sono poi le conseguenze sul resto della società di questi interventi sul mercato (lo stesso libero mercato predicato dai dirigenti di queste entità finanziarie a più non posso e senza nessun limite). Si stimano in circa 800 trilioni di dollari i prodotti finanziari (tra i quali i titoli tossici) che sono legati all’andamento della Libor, ma andrebbe fatto uno studio per stabilire quanto queste prassi illegali abbiano influito durante tutti questi anni (tra il 2005 ed il 2013 secondo gli inquirenti) sulle attività produttive, l’economia in generale e dunque su impiego, stipendi pubblici, pensioni… Anche se possibile, è molto difficile che scattino azioni penali verso i responsabili di tali danni. E non vedremo lo stesso battage pubblicitario che si scatena di fronte alle ondati di disperati che cercano di sopravvivere avventurandosi nel Mediterraneo.
Gli economisti Paolo Lettieri e Paolo Raimondi si chiedono come mai episodi così scandalosi possano essere considerati “incidenti di percorso e puniti soltanto con sanzioni pecuniarie”. In un suo recente saggio, l’economista Stefano Zamagni identifica alcuni agenti economici dell’economia globalizzata, in particolare quelli finanziari, con la sfida morale formulata da Rastignac nelle celebri pagine di “Pére Goriot” di Honorè de Balzac. Rastignac domanda all’amico Bianchon se, in cambio di una ingente somma sarebbe disposto, con la sola forza del pensiero, a provocare la morte di uno sconosciuto a grande distanza. Nessuno lo potrà mai sapere o vedere, se non la sua coscienza. «Se non viene rilevata una relazione diretta e immediata tra la mia azione e la morte o il danno arrecato a qualcuno, allora non mi ritengo responsabile – scrive Zamagni –. Ma se affamo milioni di persone emettendo derivati per speculare su beni di primaria necessità, allora ricado nel caso contemplato da Balzac. Con l’aggravante che neppure so chi sto uccidendo per fame».
Il problema non è mettere alla gogna i banchieri e le banche. E nemmeno lanciare anatemi contro la finanza.Ma certo occorre ricondurre alla razionalità questo aspetto dell’economia, oggi assolutamente preponderante, e ricostruire una relazione di fiducia tra i cittadini e coloro che gestiscono immense quantità di risorse con effetti diretti sulla vita di milioni di persone. Altro che deregulation.