Ms. Marvel

È il caso di un fumetto, seriale, pubblicato dalla in Usa dall'aprile del 2014: sceneggiato dalla sagace penna della scrittrice statunitense Gwendolyn Willow Wilson.

Il variegato mondo dell’editoria a fumetti è spesso fatto coincidere con quella relativa ai supereroi e loro affini. Negli anni trenta il boom della nascita e successiva voluminosa vendita di albi spillati a fumetti è coinciso con la nascita del primo supereroe, Superman e per molti decenni il medium è stato utilizzato solo per raccontare storie con protagonisti in calzamaglia. In effetti, per decenni a seguire, la produzione non “superoistica” a fumetti è sempre stata di nicchia e con una scarsa distribuzione e successo di pubblico. Solo gli ultimi decenni hanno reso giustizia ad un mezzo che permette il racconto di qualsiasi tipo di racconto, dallo storico al giallo fino ad arrivare al graphic journalism ed ai cosiddetti romanzi grafici, le graphic novel.

Contestualmente però gli universi “supereroistici” non hanno perso forza e si sono moltiplicati, così come il numero di editori che, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, hanno creato mondi in cui è normale scalare pareti a mani nude, fondere oggetti con la vista, teletrasportarsi…

In questo bailamme di “supertizi” non mancano e non mancheranno, però, produzioni che si fanno notare e piacere per riuscire a raccontare un qualcosa in più di “superbotte fra supertizi”.

È il caso di un fumetto, seriale, pubblicato dalla Marvel in Usa dall’aprile del 2014: Ms. Marvel, sceneggiato dalla sagace penna della scrittrice statunitense Gwendolyn Willow Wilson.

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In Italia le gesta di Ms. Marvel sono pubblicate dalla Panini Comics e sono facilmente collezionabili in volumi monografici (al momento, tre, che raccolgono le storie dal numero 1 al numero 15 della serie statunitense).

Non è la prima volta, dicevamo, né sarà l’ultima che un fumetto di supereroi strizza l’occhio a tematiche che vanno oltre i cliché del genere. Nel passato, su serie particolarmente popolari, non erano mancate picchiate (anche spesso piuttosto scabrose) in tematiche complicate e delicate.

En passant è il caso di ricordare casi particolari come quelli del numero 85, datato agosto 1971, della serie Green Lantern della DC Comics in cui, fin dalla copertina, veniva raccontata la storia di un ragazzo caduto nel problema della droga, tema sicuramente distante da quelli abitualmente raccontati nella testata. Nello stesso anno la concorrente Marvel, in un ciclo di storie a cavallo del numero 97 di Amazing Spider-Man, illustrava la dipendenza di Harry Osborn da Lsd.

Sono molto più recenti, invece, aperture a supereroi di minoranze etniche, a partire dall’intera etichetta Milestone della DC Comics negli anni novanta.

Le storie della Wilson si inseriscono in questo filone: la scelta della Marvel di dedicare per la prima volta una testata supereroistica ad un personaggio musulmano poteva apparire ai più una mera mossa pubblicitaria tesa a raccogliere l’attenzione mediatica al di fuori degli appassionati di fumetto. Le vendite dei primissimi numeri (la serie ha debuttato come primo albo venduto nel mese di uscita del numero uno), nei fatti, potevano dare sostegno a questa tesi.

Nei fatti, però, è la serie stessa a smentire come unico motivo editoriale la ricerca di attenzione mediatica.  Kamala Khan, la protagonista del fumetto, è una ragazzina quindicenne nata a Karachi, figlia di genitori pakistani, che vive la sua tribolata esistenza da teen-ager a Jersey City, cittadina di un quarto di milione di abitanti situata sull’Hudson, di spalle alla Hoboken dell’altro immigrato famoso Frank Sinatra.

I tòpoi del fumetto supereroistico made in Marvel ci sono tutti, dai supereroi con superproblemi (Spider-Man) alla commistione tra piccoli problemi familiari reali quotidiani e grandi battaglie contro il male (Fantastici Quattro) agli adolescenti alle prese con l’improvvisa presenza di superpoteri (X-Men).

L’autrice è una americana convertitasi, dopo aver studiato a lungo il Corano ed aver vissuto e lavorato in Egitto, all’Islam: i suoi meriti sono quelli di averci consegnato storie leggere ma reali, nelle quali le difficoltà di essere adolescente si sommano e si moltiplicano con quelle di essere un immigrato musulmano nel paese degli attacchi dell’Undici Settembre, vivendo solo a pochi chilometri dalle Torri Gemelle.

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La quotidianità, i rituali familiari, i problemi quotidiani, la necessità di integrarsi, l’affetto per la famiglia però così rigida negli insegnamenti sono le basi sulle quali si posa l’apparato superoistico della vicenda, quando, con l’avvento di un evento particolare (la cosiddetta terrigenesi), alcune persone scoprono di avere dei superpoteri. Kamala (che ha lo stesso cognome dell’attuale sindaco di Londra, figlio di immigrati pakistani) acquista le capacità di mutare la propria forma e la sua prima trasformazione è nella supereroina Ms.Marvel, suo opposto fisico, alta, bionda e con un succinto costume. Il cortocircuito tra problemi personali, aspirazioni, scoperta dei nuovi poteri, contatti con gli Avengers… regala decine e decine di pagine di sorrisi e situazioni divertenti che però mostrano le innegabili capacità della scrittrice, in grado di dipingere uno spaccato reale e illuminante della vita di provincia negli Stati Uniti. E il dubbio della mera operazione mediatica svanisce sia per le qualità della scrittrice e delle storie sia per l’ottima resa grafica, frutto dell’apporto iniziale del disegnatore Adrian Alphona.

Non a caso la raccolta dei primi 5 numeri in volume, omaggiato da una copertina dell’artista italiana Sara Pichelli, ha vinto nel 2016 il prestigioso Premio Angoulême (la principale fiera di fumetti europea, che si tiene nella cittadina francese ogni anno) come miglior serie; premio che, eufemisticamente potremmo dire, raramente viene assegnato ad un prodotto fumettistico supereroistico.

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