MPS. Lo scandalo prima dell’intervento pubblico
Come è noto i vertici attuali del Monte Paschi di Siena hanno creduto fino all’ultimo momento di trovare, tra i grandi investitori privati, quei 5 miliardi di euro necessari, entro il 2016, per ricapitalizzare la banca dopo la prescrizione arrivata dalla Vigilanza europea come risultato degli stress test operati il 23 giugno scorso.
Alla fine non si sono fatti avanti né le società riconducibili al finanziere George Soros né il fondo sovrano del Qatar, né altri ancora. In sole 24 ore le Camere hanno destinato 20 miliardi di euro fuori dal patto di stabilità, per mettere in sicurezza il sistema bancario italiano, non solo Monte Paschi. La Banca centrale europea ha, poi, aumentato la soglia di garanzia dell’intervento statale nel capitale della banca senese da 5 a 8,8 miliardi di euro, suscitando le proteste del ministro dell’economia italiano Padoan.
Attualmente, oltre alle conseguenze di note operazioni in perdita come l’acquisto della Banca Antoniana veneta, MPS ha in pancia 27 miliardi di euro di crediti deteriorati che raccontano una vicenda paradigmatica di una proprietà locale sostanzialmente pubblica per il peso della Fondazione Monte Paschi che ha funzionato come il bancomat di ogni attività sociale ed economica del territorio senese e toscano, spesso abusato e piegato ad interessi particolari e privati.
Oggi si punta l’attenzione alla crisi della banca ma, prima ancora, bisognerebbe interrogarsi profondamente sullo spreco e l’uso improprio di tutta la ricchezza custodita dalla Fondazione. In questo modo si potrebbero trovare le responsabilità diffuse che vanno dalla politica, al mondo delle imprese ma anche alla cosiddetta società civile fino al singolo cittadino che ha tratto vantaggio da un sistema definito il “groviglio armonioso”.
Se poi si vuole andare alla radice delle sofferenze che stanno mettendo in crisi tutto il sistema bancario italiano (oltre 200 miliardi di euro ) occorrerebbe analizzare con cura la massa dei crediti irrecuperabili e forse scopriremmo che quella enorme massa di denaro non è riconducibile ad una difficoltà nella generalità dei clienti ma spesso ad un numero ridotto di posizioni gestite direttamente dal top management in collegamento con prevalenti interessi politici e forti attori privati sul piano economico. Per capire il meccanismo che ha prodotto l’anomalia del Monte Paschi, occorre superare la dicotomia pubblico – privato per mettere in evidenza che la proprietà, pubblica o privata, deve comunque rispondere al fine primario del “bene comune” così come definito dall’architettura costituzionale.
Sono ormai dieci anni che si invoca una riforma globale dei sistemi finanziari senza muovere concretamente un passo nella giusta direzione. Ma il male sta all’origine, ci sono settori strategici per il “bene comune” che andrebbero sottratti al libero mercato e sui quali il controllo, l’intervento pubblico, dovrebbe essere rigoroso e trasparente. Bisognava, perciò, da tempo, realizzare una netta separazione tra le banche di credito ordinario e quelle di affari e fare una legislazione di vantaggio per promuovere la finanza etica. E, invece, quella a cui stiamo assistendo è la conseguenza dell’ideologia del presunto libero mercato che, su scala mondiale, produce effetti nefasti spingendo verso il basso la vita di milioni di persone. È lo stesso meccanismo che porta alla distruzione dell’ambiente e alle migrazioni epocali. Il mercato senza regole ha, alla fine, un solo regolatore: la “guerra”.
Per arrestare questa deriva nel settore bancario, bisogna partire da una seria riflessione sull’uso speculativo del denaro, che va distinto dal risparmio intelligente, cautelativo e previdente. L’ombrello pubblico deve aprirsi solo per proteggere tali attività ordinarie per far affermare nella coscienza collettiva che non si fa denaro con il denaro ma solo con il lavoro. Un cittadino, perciò, può scegliere liberamente e coscientemente di fare un uso speculativo del denaro entrando, di fatto, in una casa del gioco d’azzardo ma lo fa a proprio rischio e pericolo senza poter invocare la garanzia dell’intervento pubblico se non quello penale n caso di truffa e cioè senza impegno di risorse collettive. Su questi argomenti, invece, c’è molta confusione, molta disinformazione, molta ignoranza e la vicenda Monte dei Paschi è il finale già scritto di una manifesta ipocrisia che ha deciso di non voler tutelare il risparmio e l’investimento produttivo come prescritto dai padri costituzionali della Repubblica.
In questo come in altri casi già emersi, bisognava realizzare una trasparenza di tutta la “filiera del denaro” costruendone a monte la “tracciabilità”, ostacolando ogni circuito insano tra economia reale, riciclaggio e speculazione. Bisognava fare molto altro ancora ed è chiaro che, a questo punto, non ci sono molte alternative ad un intervento pubblico che brucerà altre importanti ed enormi risorse che verranno sottratte alla lotta al disagio, alla povertà e all’esclusione, perché è ben chiaro che la coperta è molto corta. Ma le responsabilità del ceto politico e della cosiddetta classe dirigente ad ogni livello sono enormi. Faccio mia, quindi, la domanda aperta posta da papa Francesco nel terzo incontro con i movimenti popolari del 5 novembre 2016: «Cosa succede al mondo di oggi che, quando avviene la bancarotta di una banca, immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell’umanità non c’è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto?».
È singolare (e rivelatore della cultura di fondo di cui è impregnata la politica e l’economia e di ciò che veramente si considera emergenza) come in questo caso si superi sollecitamente il “tabu” del debito pubblico e si faccia rapidamente ricorso a risorse che lo incrementano e non si faccia altrettanto e con più urgenza per la lotta alla Povertà vera emergenza indilazionabile. Quante cose potremmo fare con venti miliardi di euro? Potremmo per esempio intervenire sull’emergenza abitativa reperendo sul mercato circa 200mila alloggi, potremmo seriamente cominciare a mettere in sicurezza il territorio nazionale generando anche molto lavoro e molto altro.
Occorre un deciso e rapido cambiamento di paradigma accompagnato da immediati interventi legislativi che modifichino profondamente le regole. Se non usciremo da queste scandalose contraddizioni non andremo molto lontano, e le risorse pubbliche saranno sempre più risucchiate nel buco nero della finanza.