Mps ha truffato gli azionisti?
«La ricchezza bene acquisita e bene usata è un gran dono di Dio. Ma ne’ ricchi è troppo pericolo perché vi pongono troppo l’affetto e l’amore e lasciansi dalla ricchezza troppo soggiogare, chi vi pone troppo l’anima e l’affetto». Così scriveva nel 1427 Bernardino da Siena nelle sue Prediche Volgari. E quanto appare vero ciò che dice alla luce di quanto sta accedendo oggi proprio a Siena attorno alla banca Monte dei Paschi. Nata come monte di pietà quarantacinque anni dopo le prediche di Bernardino, proprio su impulso del pensiero economico francescano, per consentire l’accesso al credito e ai più bisognosi, ma anche come istituzione finanziaria della comunità cittadina.
Oggi il Monte dei Paschi è la banca in attività più antica del mondo ma è anche al centro di uno scandalo nel quale presunti comportamenti illeciti da parte della dirigenza, legami tra mondo economico e mondo politico, acquisizioni sospette, operazioni spericolate di finanza “creativa”, opacità dei libri contabili e logiche localistiche, si intrecciano in una matassa che appare davvero difficile sbrogliare. Questa situazione oltre che complessa è ancora molto fluida e in piena evoluzione, ma offre però una preziosa occasione per proporre alcune considerazioni a margine della vicenda.
Intanto cerchiamo di definire i contorni della questione che inizia a diventare poco chiara quando nel novembre del 2008 il Monte dei Paschi acquista la Banca Antonveneta per una cifra che si aggira intorno ai 9,3 miliardi di euro, più un ulteriore miliardo di oneri aggiuntivi. I dati che sorprendono sono almeno due: il primo è che solo undici mesi prima la stessa banca era passata dall’olandese ABN Ambo agli spagnoli del Banco Santander per 6,6 miliardi di euro; il secondo riguarda il fatto che per un’operazione di tale portata la dirigenza del Monte dei Paschi non fa effettuare neanche una perizia sull’effettivo valore di mercato della banca che sta per acquistare.
Questo è ancora più strano se si considera che nel 2000, quando la Banca Toscana acquistò la Banca Popolare della Marsica (entrambe del gruppo Mps), vennero richieste, non una ma ben due perizie. In questo caso, c'è una plusvalenza di 2,7 miliardi difficile da giustificare con i valori di mercato. La situazione si complica ancora di più perché per pagare una cifra così elevata, il Monte dei Paschi si deve indebitare pesantemente e per questo va incontro a forti perdite.
La dirigenza, allora, per cercare di rientrare dai debiti e per eliminarli dai bilanci decide di lanciarsi in una serie di complicate quanto rischiose scommesse con strumenti finanziari derivati. Scommesse andate male, che, infatti, invece di ridurre i debiti li fanno aumentare. La situazione patrimoniale inizia a diventare precaria e per consentire a Mps di rispettare gli standard europei, lo Stato deve intervenire con un prestito a tasso di interesse di mercato, di 3,9 miliardi, i cosiddetti “Monti bond”.
In questi giorni emerge un ulteriore elemento inquietante. Dopo l’acquisto di Antonveneta, Mps inizia a pagare vari soggetti, a Madrid, ad Amsterdam e a Londra, per un valore complessivo di 17 miliardi di euro. Un valore molto maggiore di quello dell’operazione di acquisto. Secondo indiscrezioni, sembrerebbe che parte di quei soldi sarebbe poi rientrata in Italia, godendo dello scudo fiscale di Tremonti.
L’ipotesi è quindi che qualcuno abbia di proposito pagato il prezzo gonfiato per l’acquisto di Antonveneta per poi spartirselo alle spalle degli azionisti. Da qui la grave accusa che la magistratura sta vagliando in questi giorni e cioè di truffa ai danni degli azionisti, che si affiancherebbe ad altri aspetti, quelli di ostacolo all'attività di vigilanza e di manipolazione di mercato.