Movimento 5 Stelle: decrescita (in)felice

Sulla stampa – che Grillo considera in gran parte ostile – il flop del movimento è smaccato. Voci fortemente critiche si levano sul web e anche all’interno del Movimento. La sola protesta non basta e, alla lunga, non paga
Beppe Grillo

Le prime dichiarazioni ufficiali, espresse dai portavoce del Movimento 5 Stelle, che esce ridimensionato dai risultati delle amministrative dopo l’exploit delle politiche poco più di due mesi addietro, sembrano riecheggiare gli slogan formali dei vecchi partiti piuttosto che il lessico di un movimento rivoluzionario. Nessuna autocritica, solo giustificazioni a commento del risultato negativo: «non si possono paragonare le amministrative alle elezioni politiche», «mancanza di fondi disponibili per la campagna elettorale», oltre all’accusa  -ormai classica-  secondo cui «è tutta colpa dei giornalisti».

Ma l’autentica sorpresa viene proprio dai fan di Grillo, che sul suo blog chiedono a gran voce che «deputati e leader del Movimento vadano in tv a smascherare le menzogne e a difendere l'operato degli eletti in Parlamento, altrimenti "è tutto finito"». «Ma come – commenta argutamente @pierovietti su Twitter – non bastava la rete? già finita la superiorità del web?».

Valutazioni ‘contro’.  Su tutti i quotidiani ritenuti pregiudizialmente critici da Beppe Grillo, si rimarcano due dati oggettivi emersi dalla tornata amministrativa: la crescita dell’astensionismo e il crollo dei 5 Stelle.

«Flop dei grillini» (La Stampa).

«Vince l'astensione, perde Grillo. 5 Stelle fuori dai ballottaggi nei capoluoghi» (Corriere della sera).

«Crollo del Movimento 5 Stelle, fuori dai ballottaggi. In rivolta la base M5S: dobbiamo andare in tv» (La Repubblica).

«Dalle Stelle alle stalle. Alle Comunali flop dell'antipolitica, blog in rivolta contro il comico» (Il Giornale).

«Pallone sgonfiato. Alle amministrative clamoroso tonfo del M5S che in appena tre mesi ha dimezzato i consensi e resta fuori da tutti i ballottaggi» (Libero).

«Tsunami su Grillo. Base in rivolta. La decrescita felice del Movimento 5 Stelle ha il suo epicentro a Roma, ma è un fenomeno che tocca tutta l'Italia, compreso quel nordest dove alle politiche i grillini avevano fatto il botto» (L’Unità).

Valutazioni a discolpa.  Con distinguo.  Il Fatto Quotidiano, notoriamente benevolo nei confronti del Movimento 5 Stelle, non può fare a meno di titolare«Tutti a casa, flop di Grillo, nessun comune ai 5 Stelle». Anche se poi pubblica una intervista a Paolo Feltrin, politologo e docente all'università di Trieste, che si sofferma sul radicamento del Movimento 5 Stelle in Veneto (dove la media ottenuta dai grillini è appena del 7 per cento, con l’eccezione della provincia di Venezia dove ha raggiunto il 15 per cento). Secondo Feltrin «non c'è stato un “crollo” del M5S, che si conferma essere un punto di riferimento per elettori che un tempo votavano centrodestra o Lega. Il Movimento – per Feltrin – rappresenta un treno su cui salire, perché è l'unico disponibile per protestare, come fu la Lega negli anni 90».

E Il Sole 24 Ore titola: «Grillo arretra ovunque». Sul quotidiano della Confindustria Stefano Folli fornisce la sua chiave di lettura: «Le larghe intese avrebbero dovuto alimentare la crescita impetuosa dell’opposizione, secondo una certa 'vulgata'. Ma la realtà è un'altra. I 'grillini' perdono slancio e fascino agli occhi dei loro elettori che preferiscono tornare all'astensione in attesa di tempi migliori” ». 

Sullo stesso quotidiano fa da pendant un parere diverso. «Sul calo dei voti di Grillo – secondo Roberto D'Alimonte, già professore ordinario di Scienza Politica all’Università di Firenze e oggi docente alla LUISS Guido Carli – occorre cautela, perché se è vero che il M5S ha perso molti voti rispetto alle politiche del 2008, è pur vero che le amministrative sono una arena in cui il M5S deve fare i conti con altri fattori che giocano a suo sfavore: il calo della partecipazione rispetto alle politiche danneggia il M5S più degli altri, perché gli elettori di Grillo hanno probabilmente l'astensione come seconda opzione rispetto al voto per il loro partito; il secondo fattore riguarda la natura del voto amministrativo, che è più orientato al candidato che al partito. Infine, il sistema di elezione diretta del sindaco fa sì che pesi molto il voto perché decide chi vince e gli outsider come i candidati del M5S sono sfavoriti in questo tipo di competizione».

La sola protesta non paga.  Va riconosciuto al M5S il grande merito di avere apportato un salutare scossone alla politica del nostro Paese, mettendo sul tappeto del dibattito pubblico condivisibili questioni di etica pubblica (drastica riduzione dei costi della politica, abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti, abolizione dei privilegi dei parlamentari, valorizzazione dei beni comuni, e diverse altre). Per queste ragioni riteniamo che la sua presenza nel panorama politico del nostro Paese sia ancora necessaria ed opportuna.

Ma occorrepassare dalla protesta alla proposta ed alla gestione della rappresentanza. La sola protesta non basta e, soprattutto, alla lunga non paga. E’ paradigmatico il risultato elettorale di Siena, la capitale del Montepaschi (uno dei temi più battuti da Grillo in chiave anti Pd), dove il candidato 5 Stelle Michele Penassi ha di poco superato l'8% di consensi.

La dinamica democratica richiede che il bene comune venga perseguito superando atteggiamenti sofisticamente arroganti, elitari/escludenti, senza scadere in derive fondamentaliste o immunitarie, nella consapevolezza che il bene comune – per dirla con Amartya Sen – è  “la scommessa sul probabile”, e che governare da soli (attendendo di raggiungere il 100% dei consensi) è solo una deleteria utopia antidemocratica.

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