Mosca si trova in Medio Oriente
Sullo scenario internazionale a volte bastano singoli eventi a marcare il passaggio ad una fase diversa delle relazioni tra gli Stati. La recente visita, in ottobre, del re dell’Arabia Saudita, Salman, a Mosca, è uno di questi fatti che occorre decifrare e proiettare in un quadro più ampio. Anzitutto, è la prima visita in assoluto di un sovrano saudita a Mosca. Molta acqua è passata sotto i ponti da quando Riad considerava l’Unione Sovietica, atea e anti-religiosa, come un luogo diabolico. Allo stesso modo, fatte le debite differenze, di come l’Iran ha considerato per lungo tempo gli Stati Uniti, il “Grande Satana”. In teoria (e anche in pratica) l’Arabia Saudita e la Russia sono avversari in Medio Oriente. Mosca ha un ottimo rapporto con Teheran, avversario storico e grande concorrente nella ragione del Golfo (e ben oltre) con l’Arabia Saudita. Ad esempio, il reattore nucleare di Busher era stato costruito con l’aiuto russo.
L’incontro di Mosca ha segnato un relativo riallineamento: la Russia “tradendo” l’Iran, e l’Arabia Saudita “tradendo” gli Stati Uniti. Inoltre, sia la Russia che l’Iran sostengono Assad in Siria, mentre Riad appoggia sin dal 2011 i gruppi islamisti “ribelli”.
Tuttavia, Russia e Arabia Saudita hanno gli stessi interessi, nell’ambito dell’organizzazione dei produttori di petrolio, a sostenere il prezzo del greggio, da cui le loro economie in gran parte dipendono. Insomma, un coacervo di indicazioni e direzioni contraddittorie, ma che dimostrano che l’aggancio che l’America di Trump ha fatto con l’Arabia Saudita non è un monopolio, e la Russia non ha timore di intrufolarsi in quel connubio.
Piaccia o meno, la Russia ha rispolverato la sua influenza mediorientale. Se gli Stati Uniti dell’era Bush erano interessati all’esportazione della democrazia, la Russia di Putin è interessata alla stabilità (o alla sua parvenza), spesso intesa come mera continuità, senza guardare troppo per il sottile. In Medio Oriente Mosca vuole l’integrità degli Stati territoriali, non la revisione dei confini; non la pensava allo stesso modo per la Crimea. Il punto, però, è un altro. C’è il rischio che il Medio Oriente si affidi ancora al deus ex machina di turno (in questo caso Mosca), mentre ciò di cui avrebbe bisogno sarebbe un nuovo ordine creato in libertà e con responsabilità dagli stessi Stati della regione.