Morto Videla, simbolo della dittatura argentina

E‘ deceduto nel sonno, a 87 anni, Jorge Rafael Videla. E' uno dei maggiori responsabili dei delitti commessi tra il 1987 ed il 1983 nel paese sudamericano. Stava scontando varie pene alle quali era stato condannato, ma lui aveva sempre negato ogni responsabilità
Jorge Rafael Videla
E’ morto alle sei e mezza ora locale, a 87 anni, mentre dormiva, il simbolo dell’ultima dittatura militare argentina, l’ex generale Jorge Rafael Videla.

 

La morte lo ha colto mentre stava scontando una pena di 50 anni di carcere per l’illecita appropriazione di bambini, figli di desaparecidos, poi consegnati a famiglie adottive, spesso consapevoli della loro provenienza. E’ stata la prima condanna nei confronti del militare, dato che il delitto non faceva parte delle amnistie che negli anni' 90 cercarono di porre fine alla situazione giuridica dei delitti commessi dai militari tra il 1976 ed il 1983, periodo durante il quale varie giunte militari si successero al governo di fatto del Paese. Durante la gestione dello scomparso presidente Néstor Kirchner, amnistie ed indulti vennero annullati e ripresero i processi che hanno rimesso sul banco degli accusati decine di repressori, nei confronti dei quali sono gia state emesse parecchie condanne all’ergastolo.

 

Le stime esatte delle vittime della dittatura differiscono nella quantità, ma non nell’efferratezza e nella gravità dei delitti commessi. Si oscilla tra ottomila e trentamila “desaparecidos”, tra i quali studenti, sindacalisti, politici, sacerdoti, religiose e religiosi, attivisti dei diritti umani, ed anche innocenti finiti per sbaglio nell’agenda telefonica di una persona sequestrata.

 

Centinaia di migliaia di persone torturate con metodi di inaudita crudeltà, abusi sessuali nei confronti di uomini e donne, piú di 500 bambini già assegnati, spesso durante il periodo di gestazione delle mamme, successivamente eliminate dopo il parto, appropriazione di beni mobili ed immobili, persecuzione sistematica di oppositori o presunti tali. 

 

L’orrore di questa dittatura é raccolto nel libro “Nunca más” (Mai piú), frutto di una investigazione realizzata in modo imparziale, quasi scientifico. Un orrore impossibile da descrivere, fatto anche dal silenzio complice di chi sapeva e taceva, fatto di paura collettiva che paralizzava i vicini di casa quando nel cuore della notte si udiva lo stridio dei pneumatici delle auto dei “gruppi di lavoro”, che circondavano il caseggiato, entravano prendendo a calci le porte e mettevano a soqquadro la casa mentre la gente terrorizzata era costretta dalle armi in pugno a stendersi sul pavimento. Genitori, figli, nonni, faccia a terra mentre durante la perquisizione andavano in frantumi vetri, mobili, oggetti decorativi. Nessuna luce si accendeva attorno alla casa perquisita, nessuna porta si apriva, non c'era da sperare nell’aiuto di nessuno.

 

Molti magari sospiravano di sollievo perché per questa volta non sarebbe toccato loro. La persona sequestrata era trascinata legata ed incappucciata nel baule di un auto senza spiegazione alcuna. A nulla valevano le suppliche di madri piangenti, di bambini terrorizzati che si aggrappavano al papà trascinato via. Una cappa di silenzio scendeva su quella famiglia e la paura induceva ciascuno a giustificare il proprio silenzio. «Un motivo ci sarà» era la frase sussurrata sempre piú spesso, dopo che di notte sempre più gente cominciava a sparire.

 

Raccontava lo scomparso Jorge Novak, vescovo di Quilmes, diocesi vicina a Buenos Aires, attivo difensore dei diritti umani durante la dittatura, la paura che di notte lo attenagliava quando udiva il motore di un’auto avvicinarsi alla sede episcopale. “Questa volta tocca a me”. Una paura che riusciva a vincere pensando alla sua missione al servizio della sua comunità cristiana.

 

Jorge Rafael Videla fu responsabile di tutto ciò. Una responsabilità pesante come una cappa di piombo, accresciuta dall’assenza di consapevolezza della gravità dei delitti commessi, dalla persistente convinzione di aver svolto un dovere che, con un ragionamento che rasenta la blasfemia, Videla poneva al servizio di Dio. Strana religione la sua, al servizio della violenza e dell’odio, insensibile alla dignità umana ed alla pietà, ignara della giustizia se non di quella dei vincitori. Una posizione inscalfibile, riaffermata e difesa ottusamente contro ogni evidenza, davanti ai tribunali e davanti ai testimoni, contro ogni ragione, contro la verità. Quella verità alla quale oggi Jorge Rafael Videla non potrà più sottrarsi.

     

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