È morto Duch, il carnefice di Phnom Phen
Avevo otto anni quando ho iniziato a sentire parlare dei khmer rossi e della guerra in Cambogia, nella seconda metà degli anni settanta. Alla tv si vedevano i bombardamenti a tappeto dei B52 statunitensi e i racconti delle atrocità nelle prigioni cambogiane. Mi sono sempre chiesto: perché tanto accanimento contro gente inerme?
Dopo cinquant’anni la storia di quei massacri torna alla ribalta internazionale per la morte di uno dei più noti carnefici della storia moderna: Kaing Guek Eav, soprannominato Duch. È stato il primo comandante Khmer rosso ad essere processato e condannato per crimini contro l’umanità, nel 2012. Era stato riconosciuto e arrestato nel 1999 mentre lavorava, sotto falso nome, per un’organizzazione umanitaria.
Furono soltanto cinque i condannati in quel processo contro i comandanti dei famigerati khmer rossi, che ancora oggi sono un problema aperto nel cuore della Cambogia. Il processo del 2012 ha avuto se non altro il merito di portare a conoscenza dell’opinione pubblica internazione e nazionale le responsabilità dei khmer rossi, visti ancora da molti, a quel tempo, come eroi nazionali che avevano combattuto contro l’invasione Usa.
Da parte sua, lo Strategic Air Command statunitense aveva realizzato tra il 18 marzo 1969 e il 26 maggio 1970 l’Operazione Menu, una serie di bombardamenti tattici a tappeto condotti nella zona est del paese, al confine con il Vietnam. Lo scopo era quello di stroncare la linea di rifornimento delle truppe nordvietnamite di stanza nel Sud Vietnam. Il presidente Usa, Nixon, ordinò queste campagne di bombardamenti che provocarono la morte di circa 500 mila civili cambogiani, favorendo così paradossalmente la salita al potere in Cambogia dei Khmer rossi, sostenuti dal regime cinese, che attuarono uno sterminio indiscriminato della popolazione.
Bastava un sospetto o una denuncia anonima per essere deportati. Nella capitale Phnom Phen il carcere dello sterminio si chiamava S-21 ed era diretto dal compagno Duch. S-21 era una ex scuola trasformata in un autentico mattatoio umano, luogo di tortura, di smembramento di corpi e di atrocità indescrivibili.
Durante il processo del 2012, con l’intento di evitare l’ergastolo, Duch lesse in aula una dichiarazione in cui chiedeva perdono per i suoi crimini e per i circa 200 mila morti torturati sotto i suoi diretti ordini, come i testimoni hanno riferito. Duch si scusò anche attribuendo la responsabilità di tutto ciò ai suoi superiori.
Nella sua richiesta di perdono Duch dichiarò anche di aver abbracciato in seguito la fede cristiana, rinnegando il buddismo da cui proveniva. Alcuni commentatori locali hanno sottolineato che per un buddista quale era Duch all’epoca, non può esserci perdono e redenzione dopo aver ucciso, anzi trucidato, dei monaci buddisti. E Duch, quando era direttore di S-21, ne ha uccisi a centinaia, accusandoli pretestuosamente di essere spie della Cia.
Duch e gli altri capi e aguzzini khmer rossi sono responsabili della strage di oltre 2 milioni di cambogiani, sepolti nelle fosse comuni dei killing fields, i campi di sterminio. Il successivo governo della Cambogia, dopo la fine del regime dei khmer rossi, ha fatto di tutto per chiudere il processo internazionale il più presto possibile, e presentarsi all’opinione pubblica internazionale con una parvenza di legalità, nonostante molti ex gerarchi siano ancora saldamente al potere.
L’attuale Primo Ministro cambogiano, Hun Sen, è ininterrottamente al potere a Phnom Phen dal 31 dicembre 1984 e si destreggia con abilità consumata tra le pesanti interferenze cinesi, indiane e statunitensi nella politica del Paese.
È necessario ricordare ai lettori occidentali che il nome khmer non è una prerogativa dei khmer rossi, ma il nome di un popolo e che la civiltà dell’impero khmer fiorì nel sudest asiatico per oltre 6 secoli, tra l’802 e il 1431, realizzando fra l’altro una delle opere monumentali più straordinarie del mondo, il tempio di Angkor.