Morto Dario Fo, il giullare premiato col Nobel
Dario Foè morto stamattina in un ospedale milanese, dove era ricoverato da qualche giorno. Oggi è in agenda l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura (ottenuto da Fo nel 1997, ma era stato candidato già nel ’75) e la coincidenza delle due date e dei due eventi decisamente colpisce. Il grandissimo “personaggio” (definirlo solo autore, attore o altro sarebbe riduttivo) aveva 90 anni e gli ultimi 3 li aveva trascorsi da vedovo, dopo la morte nel 2013 di Franca Rame, che aveva sposato nel ’54 (l’anno dopo era nato l’unico figlio della coppia).
Lucido e attivissimo fino alla fine, solo pochi giorni fa aveva dato a casa sua a Milano una conferenza stampa in vista della prossima uscita del suo nuovo libro, Darwin. Al di là di gusti, opinioni e posizioni dei singoli, Dario Fo sarà ricordato a lungo, anzi rimane come un gigante dello spettacolo e della cultura italiani della 2a metà del ‘900 e anche del principio di questo secolo.
Autore, ideatore, attore, regista, scenografo, costumista e perfino amministratore delle compagnie teatrali da lui fondate con la moglie (nel ’58 la “Compagnia Dario Fo e Franca Rame”, nel ’68 “Nuova Scena”, poi “La Comune” ecc.), Fo è stato un teatrante assoluto, innamorato per tutta la vita di quest’arte e padrone della scena come pochi. Il suo capolavoro, l’opera che più lo rappresenta e che gli è valsa più del resto il Nobel, è Mistero buffo, del ’69, una pièce composta di dialoghi, monologhi, canti, musiche e balli dove l’autore fa la satira del presente e più in generale dell’uomo e della società alla maniera dei giullari medievali, deridendo il potere e promuovendo gli oppressi. In questo lavoro Fo inventa un linguaggio teatrale nuovo, creato dall’unione dei dialetti padani e ravvivato dal grammelot, un veicolo espressivo fatto di suoni, voci, versi, onomatopee e quant’altro che il grande attore ideava e interpretava in modo straordinario, applaudito dalle platee di tutto il mondo.
Oltre che sul palcoscenico, Fo ha espresso la sua genialità e il suo grande talento pure sul piccolo schermo, curando negli ultimi decenni da “conduttore” del tutto speciale una serie di eventi televisivi (sull’Ultima Cena di Leonardo, sul Duomo di Modena, su Machiavelli e così via) da lui stesso proposti e confezionati. E il discorso sulla televisione ci porta all’ultimo aspetto da ricordare, il Fo politico, la sua ideologia, il suo impegno, che è stato anche quello di Franca Rame, sempre al suo fianco pure su questo fronte. L’illustre scomparso è stato uomo di sinistra, integralmente e coerentemente. Però sempre a modo suo, con giovialità, col sorriso, con l’ironia, con la signorilità, senza mai tornaconti personali; Fo è stato uomo di parte ma non di partito, non ha avuto né investiture né prebende. Per le sue posizioni è stato ostracizzato a lungo dalla Rai, che lo ha “riabilitato” e richiamato negli anni ’90, dopo il Nobel.