Morto Ciriaco De Mita, un pezzo della storia della Dc

De Mita e la politica degli anni '80 in un tempo di grandi cambiamenti.
De Mita 1988 © LAPRESSE ROMA

Ciriaco De Mita, classe 1928, leader della Dc degli anni ’80, se è andato all’età di 94 anni mantenendo fino alla fine una grande lucidità. Più volte ministro, segretario e presidente Dc, presidente del Consiglio, ha terminato la sua lunga esistenza all’indomani del centenario dalla nascita del segretario del Pci Enrico Berlinguer.

Uscito dalla scena nazionale, è rimasto attivo a livello locale in Campania, in particolare a Nusco, il suo paese dell’Irpinia, che è rimasto il simbolo della possibile ascesa sociale di chi, come De Mita, era nato da modeste origini. La leva decisiva per il suo percorso è stata la frequentazione da giovane, grazie ad una borsa di studio, dell’Università cattolica di Milano. Entrato nell’Eni, ha poi percorso tutti i gradi di carriera politica nella Dc a partire dalla costituzione della “sinistra di base”, una delle “correnti” presenti all’interno del partito democristiano, spesso in contrasto tra loro. Un sodalizio importante con Giovannino Marcora, ex partigiano bianco come Enrico Mattei, testa pensante di una visione di politica economica e industriale ben definita. Senza dimenticare il legame iniziale di De Mita con Fiorentino Sullo, altro politico avellinese, fautore di una legge avanzata di riforma dell’edilizia fatta fallire dai suoi rivali.

De Mita ha sempre fatto valere il peso della sua cultura con un eloquio che poteva apparire difficile pur mantenendo la sua inflessione irpina. Origine comune ad altri maggiorenti del partito come Nicola Mancino, Gerardo Bianco e Biagio Agnes, direttore generale della Rai.

Per lungo tempo segretario nazionale della Dc, ha ricoperto brevemente (da aprile 1988 a luglio 1989) il ruolo di presidente del Consiglio, incarico funestato al suo inizio dall’assassinio da parte delle Br di Roberto Ruffilli, il professore scelto da De Mita come consulente per le riforme istituzionali.

Nel partito ha promosso la possibilità del rinnovamento interno grazie all’assemblea degli esterni, un modo per includere in posizioni di rilievo alcuni esponenti dell’associazionismo cattolico, allora in via di uscita da uno stretto collateralismo con la Dc.

Dalla sua posizione di vertice nel partito, De Mita ha lanciato Romano Prodi alla direzione dell’Iri e affidato a Sergio Mattarella il risanamento della Dc di Palermo dalle pesanti infiltrazioni mafiose. Due scelte strategiche affidate a persone affidabili riconducibili alla sinistra Dc.

Ma certo era (solo allora?) anche prassi comune, in diversi campi, il clientelismo da parte dei vertici dei partiti in una competizione proverbiale tra la Dc e il Psi di Craxi, con il quale De Mita ha avuto i maggiori contrasti politici.

L’Unità, il giornale del Pci diretto da Massimo d’Alema, lo accusò di aver tratto profitto dalla ricostruzione post terremoto del 1980 in Irpinia, ma la polemica si placò senza conseguenze giudiziarie (fu indagato un fratello di De Mita, poi prosciolto con formula piena).

Come altri esponenti della sua corrente politica, con la fine della Dc Ciriaco De Mita ha seguito l’itinerario che ha portato alla fondazione del Partito popolare fino alla Margherita e al Partito democratico fino al 2008, data del suo passaggio a varie formazioni di centro per poi tornare verso la fine a sostenere il Pd campano di Vincenzo De Luca. De Mita ha mantenuto un suo consenso di voti a livello regionale. Ha vinto con grandi percentuali le elezioni come sindaco di Nusco nel 2014 (76% ) e nel 2019 (60%).

Nel 2016 è stato molto attivo e puntuale nel contrastare la riforma costituzionale promossa dal governo di Matteo Renzi.

Il segretario del Pd, Enrico Letta, anch’egli ex Dc, ha ricordato De Mita con un commento su Twitter definendolo «un grande leader che non si è mai tirato indietro nel compiere scelte difficili. E che ha investito come pochi altri sull’apertura della politica ai giovani in un tempo in cui avveniva esattamente l’opposto».

Un filone dell’azione del leader Dc scomparso che merita approfondire è quello legato ai rapporti intrattenuti, da presidente del Consiglio, con la Russia di Gorbaciov a favore di una cooperazione in Europa in linea con gli accordi di Helsinki, proprio per non cadere nelle spire della contrapposizione estrema di questi giorni.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto sottolineare nel suo messaggio di cordoglio il meridionalismo intelligente di De Mita che ha svolto il suo cammino di impegno politico per la “democrazia possibile” «nel solco di quel cattolicesimo politico che trovava nel popolarismo sturziano le sue matrici più originali e che vedeva riproposto nel pensiero di Aldo Moro».

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