Morti europee

Le sette ragazze italiane decedute in Spagna per l’uscita di strada del pullman che le riportava a Barcellona da Valencia ci ricordano che il processo di integrazione ormai è ineluttabile
Erasmus © Michele Zanzucchi 2015

La tragedia di Tarragona, in cui sono morte sette ragazze italiane, assieme a due tedesche, un’austriaca, una rumena, una francese e un’uzbeka, tutte in Spagna per il progetto Erasmus, è una vicenda che travalica le frontiere dei singoli Paesi europei e ci fa capire che ormai esistono delle morti non più solo italiane o francesi o tedesche, ma europee. Lo testimoniano i genitori di queste ragazze, degnissimi nel non recriminare per la scelta europeista fatta dai loro figli studenti.

 

Altri morte europee di questi tempi ci fanno capire che i tempi sono cambiati, e che l’Unione ha da fare il passo della politica comune, perché il sentire dei nostri giovani è mutato rispetto a quello dei loro padri e dei loro nonni. Penso alle morti dei giovani e dei bambini migranti, che vengono d’altrove ma che aspirano all’Europa come ad un sogno ad occhi aperti. Come la ragazza uzbeka morta a Tarragona, ma in condizioni ben diverse. Vengono in Europa e diventeranno europei, tra cinque, dieci, dodici anni.

 

Ma c’è anche la morte per mafia: ieri 400 mila persone in Italia hanno manifestato per ricordare le vittime innocenti. La mafia ormai non è solo siciliana, calabrese o campana. La mafia è purtroppo ovunque in Europa, investe ovunque, fa morti ovunque. Anche le vittime innocenti della mafia sono morti europee. Perché il processo di europeizzazione dei nostri Paesi è inarrestabile: bisogna arrendersi all’evidenza. Perciò è persino stupido parlare di interrompere Erasmus, come ieri hanno fatto alcuni: l’Europa avanza, nonostante certi burocrati di Bruxelles, nonostante gli euroscettici, i nazionalisti e gli xenofobi dell’Est e dell’Ovest, nonostante la timidezza dei politici.

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