Morte improvvisa di Morsi
L’ex presidente egiziano Mohamed Morsi è stato sepolto in fretta e praticamente in incognito, all’alba del 18 giugno nel cimitero del quartiere di Nasr City, al Cairo. Inutili le proteste del figlio che chiedeva funerali pubblici e la sepoltura nel Governatorato di Sharqiyya, dal quale proviene la famiglia. Morsi si sarebbe improvvisamente accasciato dopo aver ottenuto la parola in tribunale, nel pomeriggio del 17 giugno. L’infarto che lo ha ucciso è sopravvenuto durante l’ennesimo processo a suo carico, questa volta per spionaggio a favore di Hamas, che si stava svolgendo all’interno del carcere di Tora dove Morsi era detenuto, a quanto pare in condizioni troppo dure per una persona di 68 anni con il diabete e seri problemi cardiaci, come avevano da tempo segnalato Human Rights Watch e Amnesty International.
Alla dichiarazione del decesso avvenuta nell’ospedale dove Morsi era stato trasferito dopo il malore, il governo ha immediatamente decretato lo stato di emergenza nel timore di disordini da parte dei Fratelli musulmani di cui l’ex presidente era un esponente. Il colpo di Stato militare che aveva decretato la sua destituzione, a luglio 2013, era stato attuato dall’esercito guidato dall’attuale capo dello Stato, il generale Abdel Fattah al-Sisi. La candidatura di Morsi alla presidenza della Repubblica si era imposta nel 2012, dopo le dimissioni di Moubarak e i giorni concitati di Piazza Tahrir. Alle elezioni presidenziali egiziane del 2012 avevano partecipato almeno 25 milioni di elettori – un’affluenza notevole, anche se gli aventi diritto sono almeno il doppio – e Mohamed Morsi era risultato eletto al ballottaggio con oltre 13 milioni di voti. Nella sua breve presidenza di un anno, Morsi si era subito attribuito amplissimi poteri e, contro la Corte costituzionale, aveva voluto un pesante orientamento islamista nella Costituzione, mettendosi così, probabilmente, contro la maggioranza degli egiziani, anche di molti musulmani, e contro la stessa università islamica al-Azhar del Cairo.