Morte e resurrezione
G. Mahler, Sinfonia n. 2 “Resurrezione”. Roma, Accademia Nazionale Santa Cecilia.
Impressiona che un uomo di 35 anni abbia composto un’opera così monumentale, da potersi definire una sorta di “sistema filosofico” in musica. La Seconda Sinfonia mahleriana infatti, concepita per un organico gigantesco con solisti e coro, è una summa del pensiero dell’autore e forse dell’intera civiltà mitteleuropea di fine Ottocento. Scandita da cinque tempi, vede il primo, di enorme lunghezza, come una marcia funebre drammatica, dolorosa, con tremende esplosioni delle percussioni e dell’orchestra. Tenerezza e trasparenza, invece, nel secondo tempo, mestizia nel terzo, e nel quinto poi, con gli interventi dei solisti e del coro, si assiste al giudizio finale, allo scoperchiarsi delle tombe e a quella speranza nella vita che continua in Dio, che chiude come un’atomica sonora il finale. Mahler oscilla con anima sanguinante fra timore, pessimismo e fede, affidando ai colori espressionisti dell’orchestra il suo indagare.
Rispondendo con un’esecuzione di alto livello, diretta con veemenza da Pappano, al programma governativo di stop agli stanziamenti per musica e cultura, l’Accademia ha mostrato, anche con l’ovazione del pubblico, che senza l’arte la vita del Belpaese è davvero grama.