Morte e disperazione a Donetsk

La guerraè tornata nell’Est del Paese. Combattimenti intensi e furiosi, false partenze di truppe e rallentamenti improvvisi, bombardamenti dell’artiglieria, la contabilità dei morti appare un accessorio a uso della diplomazia e della propaganda
Ucraina

Tragli abitanti di Donetsk sono rimasti solo coloro che non hanno potuto fuggire. La loro unica preoccupazione è la sopravvivenza. Nella città, dicono, si parla due volte più veloce rispetto al resto del Paese, si beve o si fuma tre volte di più, si discorre quasi solo della guerra. C’è un fiume di lacrime. Sulla strada si possono notare facce stanche, la gente cammina velocemente, dopo il tramonto pochi si azzardano per le strade. Si tratta solo di sopravvivenza.

Nel mese di dicembre sembrava che il ciclo di morte e disperazione si fosse rotto per tre brevi settimane di tregua. La tregua negoziata è stata male interpretata da molti in Occidente come un’opportunità per porre fine al conflitto. Chi osservava con preoccupazione l’aumento delle forze militari in campo da entrambe le parti, vedeva la situazione diversamente: la tregua era solo un’interruzione invernale momentanea che serviva per prepararsi ad un’offensiva di primavera più vasta. Offensiva che nei fatti si è scatenata più velocementedel previsto: in tre brevi settimane di gennaio il conflitto congelato in Ucraina orientale è stato di nuovo reale, anche se si parla di “guerra ibrida”.

Tretragedie terribili nella scorsa settimana hanno messo in chiaro quale pericolo portino i missili e le granated’artiglieria se utilizzate vicino alle zone residenziali. Martedì scorso a un posto di blocco ucraino, su una strada trafficata che collega le due maggiori città della regione, un autobus di passeggeri è stato attacato (13 morti). Giovedì scorso sono state lanciate granate a una fermata dell'autobus provocando almeno dieci morti. E sabato l'artiglieria delle forze filo-russe ha bombardato la città di Mariupol: razzi Grad sono piovuti sul grande mercato di un quartiere residenziale della città. 27 persone sono morte, tra cui due bambini, circa 90 sono stati i feriti.

Papa Francesco ha speso domenica scorsa qualche parola sulla drammatica situazione in Ucraina, lanciando un appello subito dopo l’Angelus: «Seguo con viva preoccupazione l’inasprirsi degli scontri nell’Ucraina orientale, che continuano a provocare numerose vittime tra la popolazione civile. Mentre assicuro la mia preghiera per quanti soffrono, rinnovo un accorato appello perché si riprendano i tentativi di dialogo e si ponga fine ad ogni ostilità», ha detto il Pontefice.

Pare che ogni volta che il governo russo “diplomaticamente” segnala delle concessioni o presenta un piano di pace, in realtà ciò vuol dire che le truppe filo-russe si stanno moblilitando o stanno avanzando. Così è accaduto nell’estate scorsa, quando il primo delle ormai decine di “convogli bianchi” provenienti dalla Russia hanno superato, senza controlli, le frontiere dell’Ucraina orientale. Così è stato nel mese di settembre, quando è stato firmato l'accordo di pace di Minsk. E così accade anche oggi.

Una via d'uscita è ormai difficile da immaginare. I ribelli vogliono impadronirsi di tutta la regione intorno a Donetsk e Luhansk per portare l’Ucraina fuori equilibrio e ottenere l’accesso alle vitali infrastrutture della regione. Gli ucraini temono da parte loro che le linee di demarcazione si muovano violentemente, con un possibile effetto domino in più città che cadrebbero in mano dei filo-russi e dichiarerebbero la propria indipendenza.

Nonostante innumerevoli “gruppi di contatto”, non si capisce chi possa negoziare e con chi. L’Ucraina addossa tutta la colpa sui separatisti sostenuti dalla Russia, chiamandoli “terroristi”. I ribelli accusano l’Ucraina, riproverandole di uccidere la popolazione civile di Donetsk. Naturalmente il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrovnega piccato ogniqualvolta un giornalista o un comunicato del governo ucraino insinuano un ruolo diretto della Russia sul campo di battaglia. Come accadde aibei tempi della Crimea quando, sotto gli occhi dei media mondiali, migliaia di soldati russi con uniformi e armi russe trasportati da blindati e camion, occupavano tutti i posti sensibili della penisola.La Russia, inoltre, dice che l’Ucraina è diventata uno strumento dell'Occidente e che l’esercito ucraino è una “legione della Nato”.

La Russia nega ancora il suo sostegno ai ribelli, ma queste affermazioni sono poco credibili. Vladimir Ruban, mediatore ucraino tra i ribelli e Kiev, ha detto che era stato personalmente coinvolto nello scambio di 13 paracadutisti russi che avevano dichiarato la loro appartenenza alle forze armate russe.

Quello che chiede Putin a Kiev, in realtà,è una nuova costituzione federale che specifichi in modo chiaro la sua neutralità e uno status speciale per il Donbas.Ma a Kiev si ritiene che il risultato sarebbe un’Ucraina indissolubilmente legata a Mosca e a rischio di disgregazione permanente. C’è poi la questione del cessate-il-fuoco: per il Cremlino l’attuale linea di demarcazione non va bene e vengono proposte modifiche territoriali non particolarmente pesanti. Si tratta di spostare le linee previste dall’accodo di Minsk di qualche chilometro più a Ovest e –solo in qualche caso –più a Est. Tale accordo assegnerebbe l’aeroporto (o quello che ne resta) alla repubblica popolare di Donetsk, ma lascerebbe il porto e la città di Mariupol, sul Mare di Azov, sotto il controllo ucraino.

La speranza è che ora tacciano nuovamente le armi e si possa lasciare spazio alle parole e alle trattative di pace.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons