Morsi nuovo faraone?
Ancora sommossa popolare in Egitto. In un certo senso sembra tornata la prospettiva anti-Mubarak, provocata dalla decisione improvvisa e, indubbiamente, affrettata del presidente Morsi, di aumentare la propria autorità, conferendosi poteri illimitati. Il presidente egiziano ha, infatti, emendato una serie di decreti costituzionali che lo pongono al di sopra di qualsiasi corte giudiziaria, compresa quella costituzionale. Di fatto nessun organo dello stato ha ora il potere e l’autorità di appellarsi.
Il Paese sta vivendo questo momento come un tentativo di usurpazione dei diritti alla libertà conquistati con la rivoluzione di piazza Tahrir. Morsi è, ormai, definito un nuovo faraone, come ha spiegato alla agenzia Fides il vescovo Kyrllos William di Assiut, Vicario patriarcale dei copti cattolici. «I seguaci di Morsi – afferma il vescovo – sostengono che questi provvedimenti sono necessari proprio per salvaguardare il cammino della rivoluzione. Ma tutti gli altri parlano di deriva verso la dittatura».
Non erano pochi, anche fra i musulmani, quelli che prevedevano che prima o poi questa mossa sarebbe arrivata. Nessuno, tuttavia – mi ha spiegato in questi giorni un accademico tunisino attento osservatore dei fenomeni che caratterizzano i Paesi del nord Africa – in questi ultimi due anni, poteva prevedere che Morsi avrebbe accelerato i tempi fino a questo punto.
Molti hanno letto nel ruolo di mediazione giocato dal presidente egiziano nella sanguinosa questione Israele-Gaza un chiaro tentativo per guadagnarsi la necessaria copertura e credibilità internazionale. Allo stesso tempo, il presidente ha cercato di tutelarsi anche all’interno, approvando il provvedimento che riapre i processi contro i funzionari di polizia responsabili di violenze contro i dimostranti nelle proteste di piazza Tahrir e aumentando i sussidi alle famiglie dei martiri della rivoluzione. Tuttavia, il passo fatto a livello di politica interna è stato senz’altro troppo repentino ed ha messo in crisi la credibilità democratica sua e dei Fratelli musulmani.
«L'Egitto è in grave pericolo, i Fratelli musulmani ormai hanno tutti i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Nessuno ora potrà fermarli», ha dichiarato ad un’altra agenzia di stampa, AsiaNews, p. Rafic Greiche. Tra i cristiani che da sempre si sono mostrati sospettosi della politica del nuovo presidente c’è la convinzione ormai che la decisione di Morsi rappresenti «una mossa per blindare il potere di Fratelli musulmani e salafiti». È venuto pienamente allo scoperto, si sostiene, il vero volto e il vero piano per un’applicazione in tutto il Paese della sharia.Già la scorsa settimana i cristiani avevano deciso di ritirarsi dall’Assemblea Costituente, una decisione senza dubbio controversa, ma che voleva lanciare il chiaro messaggio che il Paese che sarebbe emerso dalla nuova carta costituzionale non era quello degli egiziani che avevano dato vita alla rivoluzione per la democrazia.
Il Paese, di fatto, si sta spaccando. Lo hanno dimostrato, da una parte, le manifestazioni del Cairo, dove migliaia di islamisti hanno festeggiato, davanti alla sede del Partito Libertà e Giustizia, quella che ritengono la "vittoria" di Morsi su coloro che sono contrari alla sharia. Dall’altra, in piazza Tahrir, venerdì 23 novembre si sono nuovamente radunati, come due anni fa, circa 50mila giovani appartenenti ai movimenti democratici. La motivazione è quella di ricordare il massacro di Mohamed Mahmoud street e lanciare un appello a tutti gli egiziani per una nuova rivoluzione contro lo strapotere dei Fratelli musulmani.
Viene, ora, in evidenza come il passo di assumere poteri incontrollabili sia stato preparato con cura. Per esempio, con il pretesto di difendere gli ideali della rivoluzione dei Gelsomini, dopo la sua elezione nel giugno scorso, Morsi ha progressivamente sostituito tutti i giudici dell'era Mubarak, rimpiazzandoli con persone a lui fedeli. L'ultima mossa è stata quella diretta contro Abdel Meguid Mahmoud, procuratore generale della Corte di Cassazione, noto per essere il grande avversario di Morsi che da mesi tentava di sciogliere l'Assemblea costituente dominata dagli islamisti. Al suo posto, il nuovo "rais" egiziano ha posto Talaat Ibrahim Mohamed Abdullah, ex vice presidente della Corte costituzionale vicino ai Fratelli musulmani.
La popolazione sarebbe ora favorevole al partito liberale, che in caso di elezione prenderebbe la maggioranza dei voti. Gli islamisti sono, invece, in minoranza, ma hanno ormai un grande potere e per questo non vogliono andare a nuove elezioni. Sempre attraverso le agenzie di stampa si è saputo che molti leader liberali ed anche tanta gente comune hanno criticato il comportamento del presidente. Mohamed el-Baradei, ex presidente dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ed ex candidato alla presidenza, afferma che «Morsi ha usurpato tutti i poteri dello Stato e si è autoincoronato nuovo faraone d'Egitto. Un duro colpo per la rivoluzione che potrebbe avere in futuro gravi conseguenze», fra tutte uno scontro fra moderati e islamisti.