Morire per la propria terra. Come don Puglisi

Il 25 maggio del 2013 padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia, sarà beatificato nel corso di una cerimonia che si svolgerà a Palermo. Un sacerdote che ha dato la vita per la sua terra, amandola fino alla fine
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In occasione del diciannovesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi (nella foto), ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993, il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, ha reso pubblica la data in cui sarà beatificato il sacerdote: il 25 maggio del 2013.
Qualche mese fa, come si  ricorderà, si avviò con decreto del papa Benedetto XVI il percorso di beatificazione del sacerdote di Brancaccio. Il Papa, con una motivazione forte e densa di significato per l’impegno cristiano nel tempo di oggi, riconobbe il martirio di Puglisi “in odium fidei” . 

Nel corso della commemorazione dell’uccisione di don Puglisi, il cardinale Romeo ha ordinato quattro nuovi sacerdoti. Come non pensare a questi giovani sacerdoti come un frutto del sacrificio di don Puglisi?
«Vivete il vostro sacerdozio – ha detto Romeo nella sua omelia in Cattedrale – sempre da discepoli… Una obbedienza fiduciosa che sarò certo anche faticosa. Tante saranno le proposte allettanti e gli stili di vita personalistici o autoreferenziali, che vi inviteranno a vivere un discepolato comodo e dunque un sacerdozio imborghesito e clericale».
Un sacerdozio imborghesito e clericale. Parole dure, me necessarie in una terra, come la Sicilia, in un momento storico in cui tutto si accompagna a tutti. Dove non vi è più nulla di definito. La “zona grigia” –  dove convivono il bene ed il male, la mafia e l’antimafia, la fede (la caricatura della fede) con la negazione della vita – sembra essere la palude che tutto vanifica.
Evitare dunque, dice Romeo, il sacerdozio imborghesito e clericale.

«Guardate, vi prego, all’esempio di don Pino, vostro confratello, ha detto ancora Romeo ai nuovi sacerdoti. Il giorno in cui il cardinale Pappalardo gli proponeva il trasferimento a Brancaccio, all’uscita dall’episcopio, un amico medico, che aveva saputo della nuova missione, affettuosamente gli domandava “Peppinu, si’ cuntentu?” (Peppino, sei contento?). Don Pino rispondeva con semplicità e convinzione: “Al cardinale non avrei mai potuto dire di no!”. Il suo volto certo tradiva la sofferenza di “cambiare ancora una volta”, di “rimettersi in gioco” per una missione problematica. Ma nelle sue parole c’era l’allontanamento da ogni valutazione legata a preferenza, successo o merito, ed una reale disponibilità all’ascolto della volontà di Dio, disponibilità ordinaria e disarmante, nell’obbedienza al vescovo. Un “perdere la vita” in una sequela autentica dietro a Gesù, dietro al Giusto Crocifisso del quale, proprio a Brancaccio, sarebbe diventato icona con il suo martirio».
La celebrazione della Beatificazione del prossimo 25 maggio si terrà  a Palermo e, per permettere la partecipazione di migliaia di persone all’evento, si svolgerà all’aperto.

Qualche giorno fa sono stato, vicino Firenze, per partecipare all’evento che  si svolge ogni anno: Loppianolab. Mi hanno chiesto di portare la mia esperienza nel cosiddetto “cantiere legalità”. Quale migliore buona notizia potevo portare ai lavori di Loppianolab se non quella della beatificazione di Puglisi, ucciso in odio alla fede? Quale migliore proposta potevo fare ai ragazzi colà convenuti di una vita non imborghesita e non clericale? Ma sono certo che la buona notizia sia stata apprezzata anche per un altro motivo: la voglia –anche a costo di essere odiati per questo – di riportare a Dio l’umanità. Costi quello che costi. Adesso la Chiesa ci ha voluto donare, attraverso l’esempio di don Puglisi, anche questo incoraggiamento: voler incarnare il Vangelo, renderlo parte viva della società in cui viviamo, non è roba da poco. Significa incidere con coraggio nella storia della nostra terra. Amare fino a morirne. Fino a dare la vita per la propria terra.
Questo il messaggio: non sono previste mezze misure.

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